Una docente. «Ho chiesto alla classe di preparare una presentazione multimediale dell’ultimo argomento che abbiamo studiato. Lo studente che aveva sempre preso quattro stavolta mi ha sorpreso. Ha realizzato un video bellissimo. Mi è toccato mettergli otto».
L’insegnante di teatro. «I più disinvolti sono stati i ragazzi che sembravano chiusi e timidi. Una scoperta. Hanno mostrato un talento vero, una capacità espressiva insospettabile».
Gli accompagnatori di una gita scolastica. «Sono emersi aspetti dei nostri studenti che non conoscevamo. Si è creato un rapporto intenso anche con chi era in aperto conflitto con noi. Ci siamo conosciuti meglio e adesso c’è più rispetto».
Il responsabile dei tirocini. «Spesso non c’è corrispondenza tra i voti scolastici e le valutazioni delle aziende durante lo stage. Ragazzi che a scuola rendono bene sono poi in difficoltà di fronte ad un cliente o nello svolgimento di compiti operativi. E viceversa. A volte sembra di trovarsi di fronte a persone diverse».
Uno studente. «Lo sa che ho cambiato giudizio su quell’insegnante? L’altro giorno è venuta in classe e ci ha raccontato di sé. Si è creato un clima nuovo. Come se ci fossimo visti per la prima volta».
Sono storie che si ripetono quotidianamente. Non significano necessariamente che la scuola tradizionale stia sbagliando. Ma che troppe volte guardiamo solo una parte delle cose o mostriamo sempre lo stesso lato di noi stessi. Nascondendo le passioni e i talenti. E dimenticando che ognuno di noi ha dentro tante personalità. Non so perché questo avviene. Forse perché è difficile rinunciare alla sicurezza che offre il gioco delle parti a cui siamo abituati. Ma oggi sembrano essere proprio le apparenti sicurezze della scuola a rivelare le sue fragilità.
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