“Buongiorno, siamo delle forze dell’ordine e stiamo svolgendo indagini sui graffiti. Abbiamo visto che ce ne sono anche sui muri della sua scuola.” “Sì, ma a me sembra che abbelliscano la struttura, che è un po’ vecchiotta.” “Comprendiamo il suo punto di vista, ma ci troviamo di fronte ad un atto illegale che dobbiamo perseguire.” “A me sembrerebbe giusto distinguere. Ci sono graffitari vandali ed altri che sono veri e propri artisti. Se i graffiti vengono realizzati su un palazzo storico, siamo di fronte ad un atto di deturpazione che va condannato. Ma nei quartieri degradati, nelle fermate della metropolitane, su edifici cadenti, i graffiti non possono sciupare ciò che è già brutto. Anzi, alcune volte realizzano un vero e proprio intervento di decoro urbano, che dovrebbe essere valorizzato, non condannato.” “Chi scrive su un muro commette sempre un reato ed alcuni ragazzi lo hanno fatto centinaia di volte. Bisogna intervenire.” Il dialogo con le forze dell’ordine è stato civile e intenso. Si sono confrontati due punti di vista diversi tra chi persegue un crimine e chi educa. Di recente nella mia scuola ho fatto imbiancare i muri esterni, ma ho deciso di non coprire i graffiti esistenti. Perché danno colore e carattere a una struttura anonima. E soprattutto perché sono l’espressione del talento di qualcuno che merita rispetto, se non offende il sentire comune. E’ anche un segnale per i miei studenti. A scuola si insegna la legalità, ma anche la libertà. E, se le due cose sono in conflitto, la seconda dovrebbe prevalere sulla prima. A condizione che produca un pensiero autonomo e atti consapevoli di cui l’autore si assume la piena responsabilità. E’ una scelta educativa precisa. Ma è anche una linea culturale e politica.
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