Finite le lezioni, nella scuola superiore siamo tutti alle prese con gli esami di maturità. Che poi non si chiamano più così, ma tutti continuiamo a chiamarli così. Nei giorni scorsi si sono svolti gli scritti e abbiamo iniziato le correzioni. Da domani prenderanno avvio gli orali. Guardando i ragazzi a testa china scrivere sui fogli e poi i commissari valutare le prove, viene da domandarsi se questo esame serva ancora a qualcosa.
Il voto di maturità ormai non lo guarda più nessuno. Per il lavoro, le assunzioni delle aziende si basano ormai molto sui colloqui. Alle Università si accede con test di ammissione che si sono in gran parte già svolti. La maggioranza dei ragazzi ha in tasca, prima del diploma, l’iscrizione al corso di studi che vuole seguire, qualcuno addirittura l’ha acquisita mentre frequentava la classe quarta. Se il voto di maturità sarà 60 o 100 non conterà nulla. Forse solo in qualche concorso pubblico. Penso al dibattito inutile sul valore legale del titolo di studio, che di fatto è già stato abolito. Una delle tante battaglie ideologiche sul nulla. Ma se il voto di maturità non vale più per l’Università o per il lavoro perché tutti ci animiamo intorno a quel numero? Perché facciamo lunghi e accesi dibattiti per decidere se dare 76 o 75 a uno studente? Perché molti ragazzi fanno i confronti e si disperano se un compagno ha avuto un punto in più di loro? Forse non stiamo tutti tanto bene, verrebbe da dire.
A questo punto, dovremmo deciderci. Se pensiamo che i titoli di studio e i punteggi che danno scuole e Università abbiano un valore, dovremmo farli pesare davvero. Altrimenti meglio abolire il loro valore legale e giocarci il nostro futuro sulla base delle conoscenze e delle competenze acquisite (come di fatto avviene già), così magari la smettiamo di baloccarci e litigare con i numeri. Perché qualche volta perdiamo di vista il senso delle cose e sembriamo tutti più interessati ai voti piuttosto che a quello che stiamo insegnando e imparando. La valutazione è parte importante del processo di apprendimento e credo che un esame che metta alla prova al termine di un percorso di studi sia utile. Ma il rito della maturità che stiamo celebrando non funziona. Bisognerebbe ripensarlo e farlo diventare un’occasione per valorizzare davvero i talenti dei nostri ragazzi. Forse però il cambiamento dovrebbe cominciare prima. Nella costruzione di una scuola che quotidianamente sappia riconoscere e coltivare quei talenti.
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