Nella scuola, e fuori dalla scuola, non si fa altro che discutere, giustamente, dei disagi degli studenti. Disagi importanti e diffusi. Ma esistono anche i disagi degli insegnanti, di cui non si parla mai. Anche loro sono stati segnati, umanamente e professionalmente, da due anni di didattica a distanza dietro a uno schermo. E gli effetti sono sempre più evidenti. Tutti i giorni arrivano in presidenza insegnanti stanchi, affaticati, a rischio burn-out. Insegnanti che arrancano nella complessa gestione delle loro problematiche personali e di quelle degli studenti. Insegnanti che non riescono a seguire i ragazzi come vorrebbero, nonostante gli sforzi enormi. Sono gli insegnanti migliori, quelli che si dedicano anima e cuore alla scuola uscendone provati, fisicamente e psicologicamente. Lanciano grida di dolore che nessuno pare ascoltare, soprattutto nei cosiddetti “piani alti”.
Le discussioni pubbliche si soffermano sulle questioni contrattuali. Che naturalmente sono importanti. Finché gli insegnanti non avranno un riconoscimento economico adeguato, frasi come “la scuola è una priorità” suoneranno sempre ipocrite. Per dare valore al loro lavoro bisognerebbe pagarli di più. È una cosa così semplice ed evidente che dovrebbe accadere subito. Ma non accade mai. Nella situazione attuale della scuola ci sono elementi di gravità che però non sono solo contrattuali e si nascondono nelle pieghe del malessere degli insegnanti. Se un professore sta male, lavora male. Se lavora male, insegna male, educa male. Con le conseguenze che tutti capiscono sull’apprendimento degli studenti, sulla crescita delle nuove generazioni. Chi occupa posti di governo e ha davvero a cuore la scuola dovrebbe entrare nelle aule per ascoltare come stanno gli insegnanti e prendersi cura della loro salute. Se decide invece di vivere sempre nel “Palazzo”, non potrà avere la dovuta percezione di quello che sta accadendo e non adotterà mai le giuste soluzioni. Ridurre il numero di alunni per classe, abbassare l’età media del personale, prevedere meccanismi diversi di selezione e formazione, semplificare la burocrazia, creare ambienti accoglienti, rivedere orari e organizzazione del lavoro sono solo alcune delle azioni che potrebbero aiutare gli insegnanti a stare meglio. Ma queste cose non si realizzano. Viene da domandarsi perché.
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