Quando bussano alla porta dopo il suono della prima campanella, sappiamo già chi sono. E conosciamo anche il rosario delle giustificazioni. «L’autobus non è passato. Ho preso la corsa dopo e ho fatto tardi». «Mi hanno accompagnato in auto, c’era un incidente sulla superstrada». «La tramvia ha avuto un guasto. Se non mi crede, può chiamare la società». «Ho accompagnato il fratellino a scuola e non sono riuscito ad arrivare in tempo». «Le dico la verità, alla prima ora la prof interrogava e non ero preparato». «Ho avuto una visita medica, ma ho dimenticato di farmi dare il certificato». «I miei genitori sono separati, stanotte ho dormito da mio padre che abita lontano». Metà di questi racconti sono veri, gli altri inventati. Alcuni rivelano un talento straordinario.
Poi ci sono le strategie comunicative. Quelli che la giustificazione se la sono preparata da casa e arrivano decisi, credibili. Quelli che sono alla prima volta e si presentano come se avessero commesso un crimine, porgendoci la testa china e aspettandosi che gliela tagliamo. Quelli che invece ormai hanno perso il conto dei ritardi e dicono: «Te lo giuro, preside, stavolta la sveglia non mi è suonata davvero». «Visto che sarà una decina di volte che non ti suona, forse è il caso che ne metti due». Lui non ride. Allora pensiamo di comprargliela noi, la seconda sveglia. Altri non dicono una parola e ci guardano rassegnati, come a rimproverarsi: «Sì, lo so, sono ancora in ritardo. Ma che ci posso fare? Io ci provo ad arrivare in orario, ma non ci riesco».
Anche le nostre prediche a un certo punto non servono più. E quando, una volta su mille, decido di fare la faccia cattiva e non farli entrare, le mie vicepresidi mi fermano. «Preside, ha una situazione familiare difficilissima, è importante che stia a scuola». E naturalmente entra. Forse dobbiamo accettare che ogni ragazzo ha il suo percorso e i suoi tempi. Piano piano capiranno il valore delle norme in una comunità.
Nel frattempo, si palesano gli “Integerrimi Intransigenti”. «Vabbè, allora che le mettiamo a fare le regole? Se c’è un orario di ingresso, va fatto rispettare». Salvo poi scoprire, come accade spesso a chi predica bene, che alcuni di questi adulti non è che proprio arrivino a scuola sempre puntuali.
Tutte le volte che incontro gli “Integerrimi Intransigenti” mi viene in mente la morale di una nota parabola sull’aureola stretta: «Il guaio dei nostri ideali è che, se vogliamo essere all’altezza di essi, diventiamo persone con cui è impossibile vivere».
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