Fino a marzo scorso la sua vita era regolare. La famiglia, gli amici, la scuola, lo sport. Poi, improvvisamente, la malattia. I medici che lasciano poche speranze. Mesi di alti e bassi. Infine il rapido precipitare delle ultime settimane. Da martedì scorso Viola non c’è più. Aveva da poco compiuto 17 anni.
A giugno, per un giorno, era tornata a scuola. Ci teneva a salutare di persona compagni e professori. L’avevo anche chiamata in presidenza per parlare un po’ insieme. Sembrava serena. Eppure chissà quante cose si portava dentro. Stava anche attraversando i tunnel delle chemioterapie, con i terribili effetti che hanno sul corpo di un adolescente, ma Viola avrebbe continuato a fare quello che c’era da fare. Considerava quello che le stava capitando come una sfida, l’ennesima della sua vita da sportiva. Una sfida che affrontava con la forza e il sorriso dei campioni veri.
In questi giorni drammatici ho ripensato spesso a quell’incontro e alle cose che ci siamo detti. Mi rimane la sensazione di avere sbagliato. Come capita troppe volte a noi adulti, ho detto frasi “giuste”, di circostanza. Ho cercato di incoraggiarla, di sostenerla. Ma le parole avrebbero dovuto essere diverse. Io non so se Viola in quel momento sapesse come stavano veramente le cose, se fosse a conoscenza del poco tempo che aveva davanti. Io lo sapevo e per questo ero in imbarazzo. La strada delle frasi giuste era figlia del mio imbarazzo e non andava percorsa. Perché mi ha portato a dire cose che suonavano dovute, quindi finte. Il tema del linguaggio è difficile. Utilizziamo spesso parole che non sono in contatto con quello che pensiamo, con quello che sentiamo. E i ragazzi se ne accorgono subito.
Cara Viola, ti chiedo scusa. Tutti noi abbiamo cercato di starti vicino come abbiamo potuto. Ma io non ho scelto il modo migliore. Non mi sono liberato dei meccanismi di difesa, delle ipocrisie, dei dizionari delle frasi fatte ingoiati pagina per pagina diventando grande. Però adesso ho capito. Adesso mi è chiaro che solo abbattendo le nostre sovrastrutture potremo essere autentici e sapremo trovare le parole per entrare davvero in contatto con le persone. Poi forse un giorno riusciremo perfino a discutere apertamente di temi scomodi come la malattia e la morte. Anche a scuola.
Un bacio, Viola, dovunque tu sia.
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