Quinto giorno di lezione. Esco in corridoio, una custode mi ferma. «Preside, questa mamma avrebbe piacere di parlare con lei». La ricevo. «Mia figlia è iscritta in prima ed è già entrata in crisi. Sta pensando di cambiare scuola». «È in classe?». «Sì». «La possiamo chiamare così parliamo direttamente con lei?». «Volentieri». Arriva, entra, si siede. «Tua madre mi ha detto che stai attraversando un momento particolare. Mi racconti cosa sta capitando?». Appena inizia a parlare, scoppia a piangere. «Non mi trovo bene in classe. Non ho legato con i compagni e le materie mi sembrano molto difficili». «Come andavi alle medie?». «Bene». «Perché hai scelto questa scuola?». «Perché mi piacciono le lingue nelle quali ho avuto sempre buoni voti». «Questo però, lo capisci da sola, non può scomparire dopo pochi giorni di lezione. Entrare alla scuola superiore è un cambiamento importante. Molti ragazzi sono disorientati e ci mettono un po’ di tempo ad ambientarsi e fare amicizia». Guardo il suo consiglio di classe. Vedo che ha alcuni insegnanti molto accoglienti. Provo a sottolinearglielo. Annuisce, sapendo di chi parlo. «Poi comunque in ogni scuola ci sono professori e compagni simpatici o più rigidi. È normale, devi trovare tu il modo di rapportarti a tutti. Se alla prima difficoltà scappi, non imparerai mai ad affrontare le cose». La madre approva, ma a me sembra che non basti. Mi hanno insegnato che i nostri discorsi devono sempre lasciare una porta aperta ai dubbi dell’altro. «Ora comunque è davvero troppo presto per pensare di cambiare scuola. Aspettiamo qualche settimana. Tu intanto prova ad ascoltare il tuo disagio e cercare strade per stare bene in classe. Ma se poi, tra un paio di mesi, senti ancora il desiderio di cambiare scuola, a quel punto avrai argomenti più fondati e ne riparliamo. Non ti voglio trattenere contro la tua volontà, vorrei solo che non prendessi decisioni affrettate. Quando accade, spesso i ragazzi ci ripensano». Lei sembra convinta. La madre è contenta di essere stata rafforzata nella posizione che lei e il marito avevano già espresso alla figlia. Quando escono, penso che, se i ragazzi entrano già in crisi alla prima settimana di scuola, qualcosa non funziona. Non so bene cosa sia. Ma ho la sensazione che ci riguardi tutti.
29 Settembre 2024 alle 9:05
condivido le sue considerazioni e penso che da una parte noi adulti dobbiamo aiutare i ragazzi ad affrontare i disagi e le “salite” inevitabili nella vita, e magari anche le cadute e i momenti di disorientamento. Dall’altra dobbiamo sempre riconsiderare il nostro modo di avvicinarci a loro di accompagnarli attraverso uno dei passaggi più impegnativi della loro esperienza scolastica (sicuramente il più impegnativo sperimentato dalla scuola d’infanzia alla secondaria …) Forse varrebbe la pena dedicare il primo mese ad attività di ambientamento, magari facendoli parlare, ascoltando le loro eventuali difficoltà, i loro bisogni, per costruire insieme il modo di stare dentro la scuola, di partecipare. In fondo il viaggio che stanno intraprendendo è un viaggio impegnativo, in una età in cui la fiducia in sé è ancora labile e incerta