Praticamente tutti giorni nella scuola ci sono lamentele di studenti e insegnanti sul modo di comportarsi degli uni verso gli altri. Tutti i giorni. Si passa da questioni più ordinarie e leggere ad altre più gravi. In alcuni casi le cose si chiariscono attraverso il dialogo e il confronto, altre volte no. Rimangono lì, con tutto il carico di malintesi e malumori. Parliamo di cose molto diverse tra loro. Di parole dette e non dette, di tono della voce che si percepisce sbagliato, di comunicazioni non verbali sgradevoli, di comportamenti e atteggiamenti che risultano aggressivi o invadenti urtando la propria sensibilità. Tutto questo alimenta la sofferenza e lo stress che studenti e insegnanti provano nel venire a scuola. Si parla spesso di ascolto, ma si pratica ancora troppo poco. Bisognerebbe ogni tanto “fermare le macchine” e parlarsi davvero. Per esprimere le ragioni del proprio disagio, per comunicare le proprie esigenze, per conoscersi di più e trovare punti di incontro e mediazione. Fare quindi dei patti, che tengano conto delle diversità, mediante i quali perseguire insieme gli obiettivi della scuola, cioè insegnare e apprendere in un clima di collaborazione e reciproco rispetto. Questo servirebbe.

Alla fine, siamo sempre intorno allo stesso punto. Il problema sono le relazioni. Ancora a scuola non sappiamo come gestirle. Il modo di raccontare la disciplina che insegniamo spesso non funziona. I gesti, la postura, la comunicazione verbale e paraverbale sono inefficaci perché nessuno ce ne ha spiegato i meccanismi e l’importanza nei processi educativi.

Uno studente ha scritto. «A me dà fastidio la mia insegnante quando urla. Perché di sicuro non è un urlo che ci fa entrare in testa le cose». Ecco, è un piccolo esempio, ma emblematico. Se pensiamo che urlando riusciamo a farci rispettare, a migliorare l’attenzione e a far apprendere, stiamo sbagliando. Eppure, lo facciamo. Uno dei tanti errori che tutti i giorni commettiamo a scuola. E che potremmo evitare se solo ci parlassimo, ci ascoltassimo e ci formassimo di più.