La maturità sta finendo. Guardo i ragazzi al termine del loro percorso e penso che rappresentano una cartina di tornasole di quello che siamo. Della scuola, della famiglia, della società. Nel bene e nel male. Fra le altre cose, sorprende che molti studenti non vogliano nessuno ad assistere al colloquio d’esame. Pochi si fanno accompagnare dalla mamma o dal padre. Pochissimi da un compagno di classe. Quasi nessuno da amici esterni o fidanzati. L’ansia la fa spesso da padrona. Un po’ è normale, un po’ no. Noi adulti ci mettiamo del nostro ad alimentarla. I ragazzi non riescono ad affrontare nel modo giusto una prova, una difficoltà. Le ragioni sono molte e un giorno dovremo analizzarle con franchezza, assumendoci la nostra parte di responsabilità. Poi però, nella carrellata di volti e parole della maturità, arriva lei. Elly.
«Faccio danza da quando avevo 3 anni. È la mia grande passione. Fin dalla prima superiore sono andata a vivere da sola per poter frequentare le scuole migliori. Prima sono stata a Milano, poi sono venuta a Firenze». «Ma non hai sofferto, così piccola, senza la famiglia?» «No, mi sono abituata presto a stare per conto mio. Durante il lockdown sono tornata alcuni giorni dai miei. Mi ha fatto piacere, ma poi mi sentivo strana, ho desiderato ripartire». La sua forte personalità si nota per tutto il colloquio. Nonostante glielo avessero sconsigliato, ha scelto di discutere di identità di genere e di disforia, analizzandone pregiudizi e discriminazioni. Parla con emozione e argomenta in modo personale. Si accalora sul tema dello sfruttamento sul lavoro. I suoi professori mi confidano che il pomeriggio non ha tempo per studiare perché fa danza tutti i giorni per molte ore. Non ha nemmeno i libri di testo. Tutto quello che sa lo apprende a scuola. E porta sempre il suo punto di vista, uno sguardo diverso sulle cose. «Poi ha una grande passione politica, merce rara di questi tempi». Ballare a livello professionale richiede rigore e disciplina. Eppure questa ragazza difende i suoi spazi di autonomia. «Cosa rappresenta per te la danza?» provo a chiederle. «Mi sento libera. Quando salgo su un palco, sono davvero me stessa». La guardo incantato e penso che non sempre ci accorgiamo dei talenti dei nostri studenti, non sempre li valorizziamo adeguatamente. Torno a casa pensieroso, domandandomi cosa possiamo fare per avere tante Elly nelle nostre scuole.
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