L’incredibile balletto tra arancione e rosso in Toscana ha portato per l’ennesima volta a decisioni dell’ultimo minuto, con conseguente stravolgimento della vita delle persone e gravi danni economici, sociali, culturali. Per non parlare dell’impegno a riaprire cinema e teatri a fine marzo, puntualmente smentito. Nonostante i proclami fatti all’insediamento, il Governo Draghi non mostra discontinuità rispetto al passato. Né sulle scuole, né sulle attività culturali, né in economia. «Le nostre decisioni sono legate ai contagi», si dice. Se è così, forse sarebbe meglio evitare promesse sulle riaperture che poi non si mantengono e anche i toni enfatici sulla priorità della scuola, della cultura o dell’economia.
Intanto il malessere dilaga. In questi mesi si è parlato molto del disagio dei ragazzi. Giustamente. Ma forse si è trascurato quello degli adulti. Noi dipendenti pubblici abbiamo la fortuna di avere lo stipendio ogni mese. Dovremmo ricordarcelo più spesso e avere maggiore comprensione quando ascoltiamo famiglie in difficoltà. «Mi spiace, quest’anno non riesco a pagare il contributo scolastico come ho sempre fatto. Abbiamo perso il lavoro e non sappiamo come andare avanti». «Mio marito ha chiuso la sua attività ed è entrato in depressione. Mio figlio è molto legato a lui e sta risentendo di questa situazione. Non voglio giustificarlo, ma studia poco anche per questo».
Tra coloro che vivono un disagio profondo ci sono anche gli insegnanti. È vero che il loro stipendio è garantito, ma la pandemia tocca anche quelli che il lavoro ce l’hanno. Cresce infatti il numero di chi si rivolge allo psicologo o fa uso di psicofarmaci. Alternare didattica in presenza e a distanza, insegnare in una condizione di continua incertezza, avere la responsabilità educativa in un momento così difficile mette sotto stress i professori. Alcuni reagiscono riproponendo approcci consueti, che però non possono funzionare in una situazione eccezionale. La maggioranza sta invece facendo un lavoro straordinario, cercando con fatica e impegno di ripensare il proprio modo di fare scuola. In questi mesi giustamente onoriamo medici e infermieri. Ma un pensiero andrebbe dedicato anche a chi tutti i giorni combatte la sua battaglia nella trincea dell’educazione.
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