Un tema molto sentito nella scuola è quello dei compiti per le vacanze. Da sempre si confrontano posizioni diverse tra chi difende il diritto degli studenti a un po’ di riposo e chi crede che occorra tenerli in attività perché tre mesi di pausa sono troppi. Comunque la vediamo, sembra quantomeno inopportuna, soprattutto in questo momento, la scelta di qualche insegnante di assegnare un carico di compiti eccessivo, magari indicando scadenze temporali per la consegna. Intanto bisognerebbe chiarire, una volta per tutte, che non è dalla quantità di compiti che si riconosce la buona scuola. E poi non possiamo ignorare il fatto che in questi mesi gli studenti si siano trovati in una condizione innaturale e difficile. Alcuni hanno avuto lutti tra le persone care, altri hanno visto i genitori perdere il lavoro. E’ importante che i ragazzi mantengano un filo con la scuola anche d’estate, ma è altrettanto importante consentire loro di utilizzare i prossimi mesi per ritrovare la serenità perduta e ripartire a settembre con uno spirito nuovo.
In realtà i compiti per le vacanze quest’anno spetterebbero agli adulti, non ai ragazzi. Agli adulti che stanno al Governo, negli Enti Locali, nelle scuole. Abbiamo tutti il dovere di garantire il diritto all’istruzione e si è già perso troppo tempo. Il Governo potrebbe definire al più presto le linee guida sulla sicurezza per settembre e fare in modo che ci siano tutti gli insegnanti in classe il primo giorno di scuola. Gli Enti Locali hanno la responsabilità di aprire un tavolo con le scuole per individuare insieme gli interventi possibili. Ma i compiti più difficili spettano alle scuole stesse. L’autonomia consente loro di fare le scelte didattiche e organizzative che ritengono più opportune, nel rispetto delle indicazioni nazionali. E’ il momento di valorizzare quell’autonomia. Avviamo nei prossimi giorni un confronto tra dirigenti e insegnanti. Discutiamo di senso e di soluzioni tecniche. Cerchiamo di capire come vogliamo cambiare la scuola alla luce di quello che è successo. L’emergenza che abbiamo vissuto ci interroga su relazioni, valutazione, tecnologia, spazi, tempi, contenuti, metodologie e molto altro ancora. Abbiamo bisogno di una scuola diversa, che dia più peso alle persone e si misuri con l’attualità. Una sorta di Laboratorio del Tempo Presente, nel quale tutti possano essere protagonisti in un ritrovato spirito di comunità. Le scelte tecniche e organizzative sulla riapertura dipendono dalla scuola che vogliamo. Dobbiamo allora prima discutere di questo. A settembre non è realistico attendersi la rivoluzione. Ma non possiamo nemmeno ricominciare come prima. Il compito che ci attende è quello di costruire un percorso di innovazione. Servono idee e soluzioni operative. Che vadano, se possibile, in direzione ostinata e contraria a quella del plexiglass.
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