Entrare in una scuola senza insegnanti e senza studenti mette una tristezza infinita. Più che stare a casa. I corridoi e le aule fanno davvero impressione. Il silenzio assordante della scuola vuota ci dice che la scuola è morta. E’ come un monito a ricordarsi che le scuole devono fare rumore perché il rumore è vita. Nel frattempo, dalle trincee domestiche insegnanti e studenti stanno provando a rimanere in contatto, si prendono cura gli uni degli altri e portano avanti la scuola a distanza per quanto è possibile. Qualche insegnante, per la verità, si sta facendo prendere un po’ troppo dall’ansia e carica i ragazzi di compiti e videolezioni in preda a un attivismo incontenibile. Di altri invece si sono perse le tracce, ma si spera che si ritroveranno alla riapertura della scuola. Comunque siamo tutti finiti dentro una storia nuova, che forse dovremmo guardare da un nuovo punto di vista. Le aule sono certamente uno dei luoghi dell’apprendimento e le conoscenze disciplinari hanno un valore che va rispettato. Ma la situazione in cui ci troviamo ci ricorda che l’apprendimento è permanente e che l’educazione è diffusa, come hanno sottolineato in un testo di recente pubblicazione Paolo Mottana e Giuseppe Carmagnoli. Ogni esperienza, anche la più negativa, rappresenta un’opportunità per apprendere. E in questa emergenza da apprendere abbiamo molto. Stiamo imparando a stare chiusi in casa per tanto tempo in uno spazio ristretto, a gestire le relazioni familiari in modo diverso, a convivere con la privazione di molti desideri, a dedicarci ad attività che abbiamo trascurato. Quando l’emergenza passerà, saremo inevitabilmente persone diverse, vedremo le cose in altro modo. Come succede sempre dopo vicende forti e traumatiche. Le esperienze sono forme di scoperta, nelle quali conosciamo meglio noi stessi, gli altri e la realtà in cui viviamo. In questa occasione gli insegnanti hanno il compito delicato di farlo capire ai ragazzi. Dando l’esempio e stando loro vicini, accompagnandoli in questo percorso di cambiamento e trasformazione. Qualcuno ha sottolineato che il valore della libertà si apprezza particolarmente in momenti come questo in cui ci viene limitata. E che mai come ora, in una condizione di massimo isolamento, sentiamo il bisogno delle relazioni e della comunità, di tenere il filo del rapporto con gli altri. Non solo, adesso abbiamo anche il tempo per ritrovare il filo del rapporto con noi stessi. Un tempo che spesso non ci concediamo, presi dalla frenesia della vita moderna. Forse tutti abbiamo finalmente capito che possiamo cambiare il nostro stile di vita. Questa volta il cambiamento ce lo sta imponendo il virus, altre volte potremmo deciderlo noi. Fosse anche solo questo che abbiamo imparato dall’emergenza Coronavirus, non sarebbe una lezione da poco.
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