Qualche giorno fa in una scuola fiorentina un professore avrebbe dato uno schiaffo a uno studente che teneva un comportamento scorretto in classe. I genitori, avvisati dal ragazzo, sono accorsi a scuola, hanno allertato le forze dell’ordine e sporto denuncia. La dirigente scolastica ha avviato un’indagine per accertare i fatti. Naturalmente non è possibile esprimere giudizi sull’episodio, non conoscendone tutti gli elementi. Ma rimane la questione di principio, di cui invece si può discutere. Sui social intanto le sentenze sono già state emesse, quasi tutte in difesa del professore. «Ha fatto benissimo, è stato un evento educativo». «Bravo professore! Per una sberla non è mai morto nessuno. Doveva dargliela suo padre prima, quando era piccolo». «Se tornavo a casa io, 30 anni fa, e raccontavo di aver ricevuto un ceffone da un prof, i miei me ne davano due. E se fosse stata mia figlia, oggi, le prenderebbe da me e da suo padre. E forse anche dai Carabinieri». «Io ho nel cuore il professore e parlo da mamma. L’educazione parte dalla famiglia». «Se il professore è arrivato a tanto avrà avuto le sue ragioni, vuol dire che il ragazzino non è un angelo e fossi nei genitori mi farei due domande. Io tornerei alle bacchettate sulle mani».
Questo il tenore di molti commenti, che raccontano dell’umore che circola. Nel 2020 una parte dell’opinione pubblica è ancora ferma all’idea che l’educazione si faccia con i ceffoni e le bacchettate. Verrebbe intanto da dire che proprio qualcuno di quelli che fanno questi commenti è la dimostrazione che alzare le mani su di lui non è servito a nulla, non ha prodotto buona educazione. È vero, ci sono ragazzi che si comportano in modo scorretto, ma non si risponde a maleducazione con maleducazione. E alzare le mani è un segno di maleducazione. Se non partiamo da qui, non si va da nessuna parte. In un Paese civile, chi alza le mani sbaglia, adulto o ragazzo che sia. Punto. Non sono possibili deroghe. Poi possiamo ragionare sulle cause che portano a reazioni esasperate. Ma questo è un altro discorso. Senza riferimenti all’episodio del Saffi, di fronte a un professore che alza le mani, in generale i genitori fanno bene a reagire. Prima però sarebbe opportuno andare a scuola per capire come sono avvenuti i fatti. Se si accerta un reato, è giusto denunciare. Ma, se si verificano comportamenti scorretti da parte del proprio figlio, sarebbe altrettanto giusto interrogarsi e intervenire. Magari in accordo con la scuola, secondo i principi dell’alleanza educativa, che spesso si predicano e raramente si praticano. Viviamo in un tempo in cui si sente la nostalgia dell’uomo forte, nella convinzione che le cose si risolvano con il bastone. «Wilma, dammi la clava», diceva il personaggio di un vecchio cartone animato. Ma erano gli Antenati. Oggi potremmo anche posare la clava e accendere il cervello.
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