«Sono sola con tre figli. Mio marito ci ha abbandonato dopo anni di liti burrascose. La mia primogenita, che viene a scuola qui da voi, è quella che ne ha risentito di più. Sta male, ma cerca di non darlo a vedere. Tiene tutto dentro e non so cosa fare». «Da quando ci siamo lasciati, mio marito fa la guerra a me e ai figli in ogni modo. Non versa gli alimenti e si oppone a tutte le scelte che riguardano i ragazzi. Adesso non vuole che mio figlio partecipi al vostro viaggio di istruzione all’estero. Aiutatemi voi». «Mi sono separato e sono venuto a vivere a Firenze da solo. Mia moglie ha una relazione con un nuovo compagno e non si occupa più della figlia. Così lei, quando torna da scuola, si chiude in camera e non esce mai. E’ diventato il suo rifugio e ha difficoltà a socializzare. L’altro giorno mi ha telefonato e ha chiesto di venire a vivere con me. L’ho accolta volentieri, ma è difficile. E’ una ragazza che ha sofferto molto». Sono alcuni dei tanti racconti di famiglie in crisi che arrivano a scuola. Si può smettere di essere marito e moglie, però non si dovrebbe mai smettere di essere genitori. Ma la scuola come può aiutare a diventare adulti i ragazzi a cui non è stato concesso di essere figli?
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