Dopo la rottura delle trattative con i sindacati, il Governo ha pubblicato le indicazioni sulla cosiddetta “chiamata diretta” degli insegnanti. I presidi potranno scegliere gli insegnanti sulla base di quello che serve alla scuola, ad esempio un esperto di alternanza scuola-lavoro o di didattica digitale. Naturalmente, essendo tutti di ruolo, nessun docente rimarrà senza posto. Per la prima volta la selezione degli insegnanti non si baserà più sul principio di anzianità, ma sulle competenze, cosa sulla quale è francamente difficile non essere d’accordo. Ma la soluzione che alla fine ha scelto il Ministero lascia perplessi. Per i modi, perché, senza entrare nei dettagli tecnici, viene data molta mano libera ai presidi. E per i tempi, perché una novità così importante non può essere comunicata il 22 luglio e messa in atto frettolosamente d’agosto, quando docenti, presidi e personale amministrativo sono in gran parte in ferie. Dimostrando, fra l’altro, uno scarso rispetto per chi lavora nella scuola. Sarebbe stato meglio che la prima applicazione della chiamata diretta fosse più ragionata e prudente. Così si rischia di alimentare il malcontento e di discutere unicamente del caos che ci sarà e non degli aspetti positivi o negativi dei cambiamenti introdotti. A settembre servirebbe una stagione nuova, nella quale si possano mettere insieme la spinta innovativa del Governo e le conoscenze che il sindacato ha su come funziona la scuola reale.
In fondo i nostri ragazzi vogliono cose semplici. Che il primo giorno di scuola ci siano tutti gli insegnanti in classe, che quegli insegnanti siano preparati ed appassionati, che il preside sappia gestire la scuola, che le cose che studiano li aiutino a diventare cittadini e lavoratori migliori. Ce la possiamo fare. Intanto buone vacanze a tutti. Questa rubrica si interrompe nel mese di agosto. Ci rivediamo a settembre.
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