Molti devono ancora iniziare le loro vacanze e il rientro a scuola ci sembra lontano. Invece è molto vicino. E siamo già in forte ritardo sulle azioni da mettere in campo per la riapertura. Manca ad oggi una reale programmazione del sistema dei trasporti, delle misure di sicurezza da adottare e del piano vaccinale per studenti e personale scolastico. In questo momento i dati dell’epidemia sono buoni. Le ultime indicazioni sembrano prospettare una tendenza al rialzo dei contagi per l’impatto delle varianti, ma senza conseguenze gravi sulla salute, grazie alla buona tenuta delle vaccinazioni. In sostanza, non dovrebbero salire di nuovo in modo esponenziale i numeri delle ospedalizzazioni e delle terapie intensive come è avvenuto lo scorso anno.
Se questo è il quadro, appare doveroso garantire il rientro in presenza a settembre al 100% degli studenti, magari mantenendo all’inizio alcune misure di cautela come gli orari sfalsati, le mascherine o i distanziamenti. E forse potremmo prevedere che non scatti immediatamente la quarantena per classi intere e insegnanti al primo contagiato. Dopo due anni scolastici travagliati, con molti mesi trascorsi chiusi in camera davanti a uno schermo a fare la Dad, abbiamo assoluto bisogno di restituire ai nostri ragazzi il piacere di ritrovarsi fisicamente insieme. Va ricordato che non hanno perso solo opportunità nella scuola, ma anche nello sport, nella musica e in tanti altri ambiti. Mancheranno quindi nel loro percorso di crescita esperienze di socialità, amicizie, relazioni affettive. I danni psicologici e sociali sono già gravi e diffusi. Non possiamo aggiungerne altri. Oltre a definire rapidamente gli aspetti organizzativi, dovremo ripensare le questioni metodologiche e di contenuto. Terminate le vacanze, che saranno per tutti un’occasione per recuperare energie e ritrovare il senso della normalità, dovremo confrontarci per cambiare il nostro modo di fare educazione. Serve una scuola diversa. Che tenga conto di quello che abbiamo vissuto. Che si misuri di più con l’attualità. Che riparta dalle esperienze più che dalla trasmissione di conoscenze. Può esserci utile recuperare i principi dell’attivismo pedagogico e praticare l’educazione diffusa in contesti reali fuori dalle aule. Proviamoci.
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