Siamo al termine dell’anno scolastico. E naturalmente tutti vanno in agitazione. Gli insegnanti inseguono i ragazzi per le ultime verifiche, ma gli studenti corrono più veloci e cercano di non farsi trovare. Una sorta di moderno, eppure antico, gioco tra “guardie e ladri”. Nel frattempo, le famiglie si fanno sentire per lamentare i troppi compiti ed esprimere preoccupazioni per il rischio di bocciature.
In questi giorni poi è tutto un parlare di voti e medie. Tutti cercano di capire quali sono i voti giusti. Se esistono. Gli aneddoti si sprecano.
«Io ho la media di 5,8, ma il prof vuole risentirmi altrimenti non mi porta con 6 allo scrutinio». «All’ultimo compito non vado, ho la media del 6,5, rischio di sciuparmela». «Può dire al prof di riportare subito i compiti altrimenti non abbiamo tempo per recuperare?». «Mio figlio ha preso 3,5. Non è possibile, lui dice che ha scritto tanto, l’ho anche mandato a ripetizione». «Signora, poteva andare peggio, ci sono compagni che hanno preso uno». «Oggi ho fatto un compito e mancava mezza classe. Vogliamo prendere provvedimenti?». «È venuto volontario per cercare di recuperare l’insufficienza e non sapeva nemmeno l’argomento a piacere. Ne vogliamo parlare?»
Poi abbiamo fatto gli esami di idoneità ai privatisti che, pagando molti soldi alle scuole private, provano a superare uno, due, tre anni. Sono stati quasi tutti bocciati con prove francamente imbarazzanti. Un sistema su cui ci sarebbe molto da dire.
Il tema della valutazione ritorna prepotentemente sul tavolo. Gli scrutini saranno poi il momento finale in cui tutti daremo i numeri. Scolasticamente e psicologicamente. La sensazione è che quei numeri rappresentino solo apparentemente un elemento di chiarezza perché ognuno li dà in modo diverso. C’è chi guarda soprattutto alla prestazione, chi al “miglioramento”, chi alla persona, chi al contesto sociofamiliare. Ragazzi bocciati in una sezione potrebbero benissimo essere promossi in un’altra. Naturalmente siamo diversi e le differenze ci possono stare, ma a volte si esagera. È sempre più urgente riflettere insieme sul senso della valutazione. Chi valuta? Cosa si valuta? Come si valuta? Perché si valuta?
Se non rispondiamo a queste domande, se non chiariamo a noi stessi, agli studenti e alle famiglie le ragioni dei nostri voti, se non costruiamo tutti insieme una nuova cultura della valutazione, il rischio di fare ingiustizie continuerà a essere altissimo.
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