Forse ce la facciamo. Domani in Toscana le scuole superiori riaprono i battenti dopo circa due mesi. Altrove, nonostante la fascia gialla, governatori di destra e di sinistra si ostinano a proseguire con la didattica a distanza, dimenticando i danni psicologici e culturali per i ragazzi e la crescita esponenziale delle differenze sociali. C’è chi guarda ai Paesi che stanno chiudendo. Si tratta di persone evidentemente distratte quando quegli stessi Paesi le scuole le tenevano aperte e noi le chiudevamo. Abbiamo passato settimane a riorganizzare le lezioni, i trasporti, le Asl, con l’aiuto dei prefetti. Sono stati potenziati gli autobus e previsti steward alle fermate. Con il 50% degli studenti in presenza distribuiti in almeno due turni, sui mezzi pubblici grava contemporaneamente solo il 25%. Un esempio. In una sede della mia scuola ci sono circa 1200 studenti. Ogni giorno ne entreranno 600. Divisi in due orari di ingresso, alle 8 saranno in 300, con una riduzione del 75%. Direi che l’allarmismo è ingiustificato e che ce la possiamo fare.
La ripartenza della scuola in presenza in Toscana è frutto della sensibilità del presidente Giani, dell’assessora regionale Nardini, del sindaco di Firenze Nardella, dell’assessora fiorentina Funaro e di molti altri. Ed è dovuta anche alla straordinaria mobilitazione di Priorità alla Scuola, sostenuta da insegnanti, studenti, genitori. È vero che la scuola non ha mai chiuso, che a distanza tutti hanno lavorato di più e con maggiore disagio, ma la didattica in presenza ha un altro valore. Adesso però ci serve stabilità. Non è immaginabile che al primo rialzo dei contagi, magari fra qualche giorno, si ritorni a distanza.
Da domani è importante anche recuperare serenità. Evitiamo le “tempeste” di compiti e interrogazioni o le corse sui programmi. Siamo tutti provati da quello che è successo, non è il caso di aggiungere altra ansia. Prendiamoci tempo. Se serve, mettiamo “Non Classificato” in pagella e rimandiamo al secondo quadrimestre valutazioni più ponderate. Abbiamo bisogno di ritrovare il contatto con noi stessi e con i nostri ragazzi. Dedichiamoci a cercare una diversa misura delle relazioni e a tessere le fila di un nuovo discorso educativo.
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