E’ una scena che si sta ripetendo, nelle scuole e all’Università. Da me vengono i rappresentanti di istituto degli studenti. «Preside, ci hanno proposto di invitare Rocco Siffredi a parlare di pornografia e sessualità». «E a che titolo?». «Beh, è un attore che ha fatto molti film, è un testimone privilegiato e potrebbe raccontare la sua esperienza». «Ragazzi, ragioniamoci insieme. In una scuola si può, anzi si deve, parlare di tutto, anche di sessualità e di erotismo. Perfino di pornografia. Ma dipende da come se ne parla e con chi. Perché non è una questione di contenuti, sono le modalità che scegliamo che danno il senso a quello che facciamo». «Preside, per questo volevamo confrontarci con lei». «Bene, allora vi dico che personalmente sono contrario ad invitare Rocco Siffredi. Non per un giudizio morale, ma per una questione culturale. Lui non rappresenta un esempio di liberazione sessuale, come vuol far credere, ma il testimone della mercificazione del sesso. Proviamo invece ad aprire un confronto tra ragazzi ed adulti sul valore che ha per noi la sessualità, sulle nostre emozioni, sui nostri desideri e sulle nostre paure. Parliamo di quello che sappiamo e di quello che ignoriamo. E cerchiamo persone qualificate che ci possano aiutare in questo percorso, che è, in fondo, un viaggio alla scoperta di noi stessi». Le rappresentanti di istituto hanno capito, altri sicuramente avrebbero ceduto alla tentazione pruriginosa di provocare l’istituzione e creare scandalo. Ma la scuola non può cedere su questo punto. Non possiamo rinunciare a tenere un profilo alto, altrimenti verremmo meno al nostro compito, che è quello di fare educazione e promuovere cultura. E mancheremmo di rispetto a noi stessi ed ai nostri ragazzi, che è l’unica cosa che non ci possiamo permettere di fare.
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