Svetlana, 17 anni.
«Era estate quando per la prima volta ho scoperto quanto fosse brutto schiantarsi contro ciò che non avrei mai potuto sapere.
Mi pare fosse giugno.
Fuori dalla mia testa regnava l’assoluto silenzio.
Dentro pareva scoppiata una guerra civile.
I giorni passavano pedalando sulla mia bici azzurra.
Con le giornate ancora non troppo calde da permettersi di uscire dopo pranzo.
E i fili d’erba verde al prato si muovevano ancora a ritmo della musica che mi portavo dietro.
Cercando di evitare la confusione che rimbombava nel cranio come la musica a palla di una macchina ferma davanti casa mia in un sabato sera passato con la febbre.
Incredibilmente, non riuscivo mai a scacciare questa successione infinita di collegamenti che cercavo tra ciò che avevo e ciò che invece mi serviva per arrivare a capire.
La grandissima differenza tra il sapere la verità e rimanere nel dubbio.
È che il dubbio per chi ci riflette tanto sulle cose significa solo occupare la stragrande maggioranza del tempo a chiedersi quale delle tante risposte che si possono creare nella nostra mente sia quella giusta.
Ed è qui che il biscotto casca nella tazza.
E inizia a inzupparsi, peggio di un diluvio senza ombrello, della quantità di risposte che si stanno creando nello spicchio infinito delle possibilità.
E per un po’ galleggia quando la tazza è ancora calda e il caffè dentro magari brucia troppo.
Poi piano piano inizia ad inzupparsi sempre di più di pensieri e possibilità.
E allora affonda nel caffè.
E non lo ritrovi finché non lo finisci.
E arrivi in fondo alla tazza».
I ragazzi hanno un linguaggio diverso dal nostro. Siamo abituati a pensare che sia peggiore. Più semplice, più povero. Ma non è vero. È che loro sono autentici, diretti. Arrivano al punto. Usano metafore che colpiscono. Parlano con il cuore. Noi invece siamo razionali, geometrici. Appesantiamo i discorsi con mille premesse. La prendiamo larga e la facciamo lunghissima. Amiamo compiacerci e parlarci addosso. Più tempo passa, più sono insofferente al linguaggio degli adulti e invidio quello dei ragazzi. Mi piacerebbe avere la spontaneità e la profonda leggerezza delle loro parole. Sogno di iscrivermi a un laboratorio di scrittura tenuto da un adolescente, che mi liberi dai mille armamenti retorici inutili imparati negli anni.
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