Ogni tanto gli studenti ci riprovano. «Preside, possiamo rendere obbligatoria la presenza alle assemblee di istituto?». Si tratta di una questione piccola, ma in realtà simbolica e molto significativa, che le scuole interpretano in modo diverso. Alcune le presenze le prendono, facendo un appello all’inizio e un contrappello alla fine, altre no. Personalmente sono convinto che le cose, sia sul piano normativo che su quello educativo, siano chiare. Ma evidentemente non tutti la pensiamo allo stesso modo.

«Ragazzi, intanto le assemblee sono un vostro diritto. Il preside non può negarvele. Quindi, quando le volete fare, me lo comunicate. Io semplicemente ne prendo atto. Non le giudico, non ho alcun potere, né voglio assumermelo, di “autorizzare” qualcosa che vi spetta. Poi, se volete una mano ad organizzarla, ne possiamo parlare.

Inoltre, le assemblee, per come sono state pensate, sono uno spazio autogestito dagli studenti con un alto valore formativo, non sono attività didattiche ordinarie e quindi non prevedono obbligo di presenza. Ci sono sentenze che lo confermano. Ma, al di là dell’aspetto formale, l’obbligo di aderire a un’iniziativa volontaria non avrebbe senso. Capisco che, se prendessimo le presenze, avreste maggiore partecipazione. Ma davvero sareste contenti di avere compagni costretti, che magari giocano al cellulare tutto il tempo? Meglio che cerchiate di convincerli con proposte interessanti. Non verranno tutti? Non importa. Va salvaguardato il valore del principio. L’assemblea studentesca è uno spazio di libertà, si partecipa per scelta. Una strada che, fra l’altro, dovremmo seguire tutti. Appassionare i ragazzi in modo che frequentino la scuola per piacere e convinzione, non per obbligo. Un’utopia? Forse, ma va coltivata».

Gli studenti comprendono il ragionamento, alcuni sono comunque dispiaciuti per il timore di minore adesione. Ma un giorno capiranno che la scuola è un esercizio di democrazia. E la democrazia è innanzitutto libertà, oltre che paziente costruzione di consenso sulle idee.