Non passa settimana senza che i giornali riportino casi di femminicidio. Storie che si ripetono con modalità diverse, eppure sempre uguali. Raccontano di uomini violenti, persecutori, che non ammettono che una donna possa dire loro di no.
Quegli uomini hanno una famiglia, hanno frequentato scuole, forse hanno un lavoro, certamente incontrano conoscenti ed amici. Ognuno dovrebbe domandarsi se ha fatto tutto quello che poteva per evitare l’evento tragico. Se ha osservato e ascoltato con la giusta attenzione. Se ha colto i segnali che non possono non esserci stati. Se ha dato il buon esempio. Se ha detto o fatto cose che in qualche modo hanno contribuito a far capitare quello che è capitato.
E la scuola? La scuola non fa abbastanza. Siamo troppo presi dallo svolgimento dei programmi e non troviamo tempo per discutere di femminicidio quanto dovremmo. Quando va bene, ci limitiamo a iniziative sporadiche. Oppure ci affidiamo alla buona volontà di singoli docenti, che ne parlano con i propri studenti in classe. Non basta, non può bastare. Siamo di fronte a una vera emergenza e tutti dovremmo trattarla come tale, anche le scuole.
Per fare questo, dovremmo convenire che a scuola si fa educazione a tutto campo e non solo trasmissione di conoscenze disciplinari. A quel punto discutiamo del come. Certamente serve partire dalle statistiche, che sono impressionanti, e dalle storie reali, per evitare di fare solo astratti pistolotti morali. Servono poi naturalmente percorsi di educazione affettiva, che finalmente cominciano a comparire in alcune scuole.
Serve soprattutto che cambino le parole e i comportamenti quotidiani. Dei ragazzi e degli adulti. Dei maschi e delle femmine. Molte delle cose che diciamo e che facciamo sono intrise di un maschilismo strisciante e di mancanza di rispetto per le donne, per la loro libertà e la loro autonomia. Dovremmo guardarci e ascoltarci di più. E farci aiutare da qualcuno. Meglio, da qualcuna. Scopriremmo cose di noi che non sappiamo, cose su cui lavorare per imparare a diventare meno molesti.
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