Vado a scuola generalmente alle 7.30. Fuori ci sono già degli studenti. Qualcuno arrivato da lontano con gli autobus. Qualcun altro accompagnato da genitori che devono andare presto al lavoro. Ognuno di questi studenti ha il suo “posto” per aspettare davanti alla scuola. Sempre lo stesso. C’è chi ascolta musica nelle cuffie, chi ha il libro aperto per ripassare, chi rimane da solo assorto nei suoi pensieri, chi fa capannello con i compagni. Passo in mezzo a loro osservandoli. Con alcuni ci salutiamo e ci scambiamo sorrisi, altri mi guardano senza dire nulla, altri ancora sono con la testa altrove. Non importa, però. Comunque condividiamo quei momenti. E in quei momenti si consuma un rituale. Silenzioso, intimo, poetico. Al quale sono particolarmente affezionato. Mi sembra uno “spazio di salute mentale”. Prezioso, in un periodo in cui dominano urlatori e odiatori sociali.
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