In questi giorni mi ha colpito la notizia di un ragazzo di 15 anni morto misteriosamente nel sonno 24 ore dopo la scomparsa del nonno malato. Non risulta invece che il giovane avesse problemi di salute. In questi casi i medici parlano di “arresto cardiaco”. Difficile credere che il forte legame con il nonno non abbia influito su quanto successo al nipote. Mi è venuto da collegare questo episodio a un altro raccontatomi in settimana da un’insegnante su un compito in classe, un classico momento di tensione per gli studenti, che qualcuno, specie in questi mesi di pandemia, vive con particolare ansia andando “in blocco”. Al termine della verifica, l’insegnante riprende i compiti, va a casa e comincia a correggerli. Arriva a quello di una ragazza, lo apre ed è tutto bianco. Quasi tutto bianco. Al centro c’è scritto “Mi dispiace”. Solo questo. Un compito bianco con al centro “Mi dispiace” e in fondo il suo nome. Come fosse una lapide. Una storia semplice e commovente. Quel “Mi dispiace” in campo bianco è la rappresentazione di quello che sta capitando ai nostri ragazzi, della loro condizione psicologica. Naturalmente c’è un pezzo di scuola e di società che minimizza tutto questo, che pensa siamo di fronte ai soliti sentimentalismi. «Non facciamola lunga, c’è chi ha fatto la guerra, bisogna reagire», si sente dire. Ma lascerei perdere. Le storie di questi “duri e puri” raccontano spesso di frustrazioni, complessi di inferiorità e analfabetismi emotivi. I “duri e puri” non dovrebbero stare nemmeno nelle caserme, figuriamoci nelle scuole.
La scuola ha il dovere di aiutare i ragazzi ad affrontare le difficoltà. Ma a un adolescente che è a terra non basta urlare “Rialzati”. Intanto bisognerebbe accorgersi che è a terra, perché a volte non lo vediamo nemmeno. Poi porgergli la mano per aiutarlo a rialzarsi e quindi insegnargli a camminare da solo. Non servono le frustate e nemmeno far loro da balia. Serve dare fiducia e fargli sapere che può contare su di noi. Quel “Mi dispiace” in fondo è un grido d’aiuto. L’insegnante forse avrebbe potuto aggiungere in fondo al compito una frase “Dispiace anche a me” e riconsegnarglielo. Essere insieme nel dolore e nella difficoltà è una delle strade che possiamo percorrere. Forse dobbiamo.
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