“Stiamo pensando di mettere le telecamere nelle scuole superiori per difendere i professori da qualche alunno imbecille e maleducato. Nel rispetto della parità di tutti i bimbi in classe, chiederò che venga rimesso il grembiulino per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e il figlio dell’operaio che invece non se la può permettere. Già so che diranno che lo faceva anche il Duce. Ma rispetto delle regole, ordine e disciplina vanno insegnati fin da piccoli altrimenti alleviamo delle generazioni che arrivano a vent’anni e fan casino”. Queste le parole del vicepremier Matteo Salvini, che esprimono un punto di vista legittimo e in questo momento forse anche maggioritario nel Paese. Ma proviamo a riflettere su quelle parole. Innanzitutto, siamo sicuri che parlare dei ragazzi come imbecilli e maleducati che fanno casino sia consono al ruolo di chi governa il Paese? E poi, se i ragazzi sono maleducati, come dice la parola stessa, vuol dire che chi li doveva ben educare non lo ha fatto. Salvini stesso sottolinea che il rispetto delle regole va insegnato. Però cosa propone? Di mettere le telecamere a scuola per difendere i professori dai ragazzi maleducati. E magari un giorno proporrà di metterle anche in famiglia per proteggere i genitori. Quindi, invece di interrogare gli educatori sul fatto che abbiano mal-educato, si preoccupa di garantire la loro sicurezza. E’ un vero caso di comunicazione manipolatoria. I ragazzi, che sono vittime di una cattiva educazione, diventano colpevoli. E gli adulti, che sono i veri responsabili, diventano vittime da tutelare. Facile così. Facile poi pensare che la sicurezza si risolva con qualche telecamera. E facile scegliere la repressione senza analizzare le cause di quello che succede. L’educazione è un processo complesso, che non si può liquidare con soluzioni semplicistiche. Serve partire da un’assunzione di responsabilità da parte degli adulti. Invece scatta subito il riflesso punitivo. Di fronte al comportamento sbagliato dei ragazzi, il riflesso punitivo sa però troppo spesso di autoassoluzione. Le telecamere andrebbero messe sugli adulti, prima che sui ragazzi, con l’obiettivo di capire come migliorare quello che stiamo facendo. La nostalgia dei grembiulini segue la stessa logica semplificatrice. Le differenze sociali non si combattono con i grembiulini. I grembiulini semplicemente le nascondono. Se davvero siamo preoccupati del divario tra ricchi e poveri, abbiamo mille modi per cercare di ridurlo, evitando, ad esempio, che un manager guadagni fino a mille volte più di un operaio, come succede adesso. Lasciamo liberi i ragazzi di vestirsi come vogliono. Una società che mette le uniformi e rende uni-formi fa paura e ricorda tempi bui. Se poi pensa di risolvere le differenze sociali con i grembiulini, sta scivolando nel grottesco senza rendersene conto.
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