Convocato collegio dei docenti con 140 persone. Come si farà a fare una discussione ordinata, a parlare senza fare confusione, a prendere delle decisioni? Il timore del caos è fortissimo. Arriva il giorno fatidico. Siamo tutti emozionati. E’ la prima volta che ci rivediamo dopo il lockdown. I primi minuti passano a salutarsi affettuosamente. Poi cominciamo, dandoci due regole di base. Si staccano tutti i microfoni tranne quello di chi parla e ci si prenota per intervenire attraverso la chat. Si parte. Il preside introduce. Poi, punto per punto, si inizia a discutere, partecipando in ordine di prenotazione. Gli interventi si susseguono senza intoppi. I differenti punti di vista si confrontano in modo civile con la passione di sempre. Il clima è però diverso dal solito. E’ evidente che siamo condizionati dalla tecnologia e dal contesto sociale in cui ci troviamo. Le due ore però scorrono serenamente e si prendono le decisioni che si devono prendere. Tutti sono presenti, nessuno ha particolari problemi di connessione. Negli stessi giorni si svolgono altre due riunioni online, con i rappresentanti di classe degli studenti e dei genitori, ognuna con circa 120 partecipanti. Tutto procede alla stessa maniera. Partecipazione ampia, discussione interessante ed utile. Emergono tante questioni, tante posizioni, tante proposte. Inoltre, durante l’emergenza, molti insegnanti stanno organizzando spontaneamente consigli di classe per approfondire le mille questioni sul tappeto. Al termine di uno di questi consigli, un insegnante mi fa una confessione amara: «E’ difficile ammetterlo, ma per certi aspetti le riunioni online funzionano meglio di quelle in presenza. Interveniamo uno alla volta, senza parlarci addosso. In presenza purtroppo non succede quasi mai di poter esprimere il proprio punto di vista senza essere interrotti. A distanza ci ascoltiamo e attendiamo pazientemente il nostro turno. E poi succede un’altra cosa interessante. Ognuno rispetta i tempi, dice le cose che deve dire sinteticamente, senza la logorrea che ci affligge quando ci troviamo di persona l’uno davanti all’altro. Si va dritti al punto. Magari fosse sempre così».
Stiamo vivendo un tempo strano e paradossale, che tutti speriamo finisca presto. Abbiamo però la possibilità di sperimentare nuovi modi di stare insieme, di comunicare, di relazionarci, che fanno emergere verità scomode sulla nostra vita in presenza. La scuola a distanza è terribile (in questi giorni un’insegnante, con uno straordinario lapsus, l’ha chiamata la “scuola in assenza”), ma può rappresentare una cartina di tornasole di quello che siamo, di come ci comportiamo nella realtà quotidiana. Se la quarantena collettiva fosse servita anche solo a capire che dobbiamo ascoltarci di più e andare dritti al punto, le sofferenze e i sacrifici di questi mesi non sarebbero stati vani.
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