Arriva un ragazzo che piange disperato. Cerco di calmarlo e di farmi raccontare cosa è successo. «Durante la ricreazione sono andato in bagno. Tornando in classe, non ho trovato più il portafoglio». «Sai chi potrebbe essere stato?». «No, nessuno ha visto nulla». Continua a singhiozzare. «Avevo dieci euro. Ma non è per i soldi. C’erano i documenti e l’abbonamento del treno. Ora non so come tornare a casa». «Non ti preoccupare, vediamo cosa possiamo fare». Mando a dire alla classe che il portafoglio deve ricomparire, anche anonimamente, altrimenti prenderemo provvedimenti. Poco dopo fortunatamente il portafoglio viene ritrovato. Senza soldi, ma con tutti i documenti. Lo restituiamo al ragazzo, felicissimo. Ma la sua disperazione mi ha colpito. Ci dimentichiamo della fragilità degli adolescenti e di come entrano in crisi se perdono le loro piccole sicurezze. Per questo la loro autonomia dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione. Poi bisognerebbe riflettere sui ragazzi che rubano ai compagni. Spesso non sono delinquenti e non hanno difficoltà economiche. Sono sbandati, disorientati, senza adulti presenti e responsabili. Il furto è un grido d’aiuto che dovremmo cercare di ascoltare. Soprattutto noi che proviamo a fare educazione.
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