Alle dieci è previsto un incontro al quale devono partecipare tre ragazzi per classe. Ma in una classe il professore non intende mandarli. Le studentesse si appellano alla circolare. Lui allora decide di interrogarle prima, mette loro un’insufficienza perché non avevano studiato e poi le manda. Vengono interrogati anche altri studenti, che prendono altre insufficienze. Alle undici vengo a conoscenza dell’episodio dal vicepreside e convoco il professore. Successivamente, nel breve volgere di tre ore, si susseguono una serie di situazioni.
I rappresentanti di classe vengono da me per lamentare l’accaduto. I genitori di una delle ragazze che dovevano andare all’incontro, avvisati via telefono dalla figlia, accorrono a scuola preoccupati. Il professore interessato si presenta, conferma l’episodio, si rende conto di aver fatto una cosa non corretta e si dichiara disponibile a togliere le insufficienze dal registro per le tre ragazze, cosa che viene fatta immediatamente. Le tre ragazze passano per sapere come era finita la questione. Altri due genitori di ragazzi rimasti in classe mi contattano per chiedere che venga tolta l’insufficienza anche ai loro figli, ma spiego loro che non sarebbe corretto farlo perché chi non ha impegni esterni non può pretendere di non essere interrogato.
Si tratta di una piccola storia di scuola. Piccola, ma significativa. Sul modo di fare di qualche docente, sui suoi errori e la sua disponibilità a rivedere le proprie posizioni. Sull’esigenza di giustizia di studenti e genitori. Sul ruolo del preside. E su modi e tempi della comunicazione. Le notizie circolano in tempo reale ed in tempo reale si chiede di intervenire. E’ importante dare risposte rapide, ma qualche volta la fretta di agire di tutti potrebbe portare a non fare le scelte più giuste.
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