«Mi scusi del disturbo, ma sono talmente orgogliosa di tutti questi ragazzi che la mattina si alzano, in un modo o nell’altro arrivano ai vari punti di raccolta, con gli stivali, le pale e con dei sorrisi che fanno fare pace con il mondo, che non posso non inviarle la foto della classe, che questa mattina è venuta ad aiutare chi aveva bisogno. Credo che anche questo sia scuola, devono imparare a mettersi in gioco anche per dei perfetti sconosciuti, questa esperienza sicuramente ha fatto sì che la classe diventi ancora più unita. Grazie per la disponibilità come scuola e per l’opportunità di crescita che gli avete dato».
È la lettera della madre di una studentessa, che, con i suoi compagni, è andata a prestare soccorso alle popolazioni alluvionate. In questi giorni moltissimi ragazzi di tante scuole si sono mobilitati. Un evento straordinario, confermato dalle testimonianze di gratitudine dei cittadini che hanno ricevuto aiuto da questa marea spontanea di giovani. I nuovi “angeli del fango”, diversi ma uguali a quelli che abbiamo conosciuto nell’alluvione di Firenze del ’66.
Intervistato da una radio locale, ho avuto modo di commentare l’accaduto. Qualche ascoltatore ha insinuato che i ragazzi siano ispirati solo dalla voglia di “fare forca”. Ma sono persone animate da cattivi sentimenti che non hanno capito nulla. Qualche ragazzo sarà pure stato felice di non fare lezione, ma sarebbe bastato parlare con loro, ascoltarli e vedere i loro occhi lucidi per capire quanto fosse sincera la loro volontà di sostenere compagni e cittadini che hanno perso tutto. Dopo tanto tempo passato chiusi nelle camerette in pandemia, questo evento ha offerto loro l’opportunità di ripartire in presenza con atti concreti e di ritrovare i fili delle relazioni sociali. Un atto simbolico di rinascita, un’occasione per aiutare gli altri e, in fondo, anche loro stessi. Si è sentito dire che la scuola non dovrebbe tollerare tutto questo perché non si dovrebbero perdere ore di lezione. Viene da domandarsi cosa sia la scuola e cosa sia l’educazione civica se non lo sono esperienze di solidarietà verso persone che si trovano in stato di bisogno.
Quello che sta accadendo ci interroga sull’idea che abbiamo della scuola e delle nuove generazioni. Personalmente credo che queste circostanze drammatiche ci abbiano consentito di vedere la meraviglia dei ragazzi di oggi e di ribadire che scuola e vita vera delle persone dovrebbero incontrarsi molto di più.
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