Incontro a scuola con il sottosegretario all’Istruzione Toccafondi, il sindaco di Firenze Nardella ed il calciatore della Fiorentina Borja Valero. Un incontro piacevole ed intenso, nel quale gli studenti hanno posto molte domande sui temi più diversi: il calcio, i trasporti, le occupazioni, la situazione internazionale. Il sindaco ha instaurato un dialogo franco con i ragazzi e ha detto parole importanti sulla risposta che una società civile dovrebbe dare a chi utilizza il terrore per perseguire le proprie finalità politiche. Il calciatore è stato apprezzato per come ha raccontato la sua esperienza, per la compostezza dei toni e la disponibilità con i ragazzi. Ma, in un Paese normale, il calciatore avrebbe un ruolo secondario e il protagonista sarebbe il sindaco, che prende le decisioni più importanti per la nostra vita quotidiana. Invece naturalmente Borja Valero ha catturato le maggiori attenzioni, facendo letteralmente impazzire i ragazzi, che lo hanno sommerso di richieste di autografi e selfie. Nulla di sorprendente. E forse nemmeno di scandaloso. Ma bisognerebbe riflettere su tutto questo. Che non è solo il frutto dell’influenza dei mass media o della moda qualunquista dell’antipolitica. C’è dell’altro ed è legato alle emozioni. Lo sport o l’arte suscitano ancora emozioni intense. La politica quasi mai. E neanche la scuola. Eppure c’è stato un tempo in cui molte emozioni passavano per la politica e per la scuola. È un’indicazione chiara e forte. Per tutti. Se vogliamo ritrovare il rapporto con la società e con i ragazzi, non possiamo solo “ragionare”. Dobbiamo anche cercare di emozionare. Perché senza emozioni non si mobilitano le intelligenze, senza emozioni non c’è vero apprendimento. E senza partecipazione e senza cultura la nostra società va poco lontano.
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