Viene a presentarsi in presidenza una giovane insegnante, che ha avuto una supplenza sul sostegno nella nostra scuola. Faccio le domande di rito. «Benvenuta, è di Firenze?». «No, vengo da Caserta. Fra l’altro, sto cercando un appartamento, ma non è facile. Gli affitti sono cari e i proprietari non danno volentieri una casa per poco tempo. La supplenza per il momento è solo fino a Natale, non si sa se verrà prolungata». «La titolare è in maternità, vedremo. Ha già avuto esperienza di insegnamento?». «No, è la prima volta». «Posso chiederle cosa ha fatto in passato?». «Avevo vinto un concorso e facevo la capostazione in un piccolo paese della Campania. Ho voluto provare, anche perché, come può capire, al posto fisso è difficile rinunciare. Ma non era la mia strada. Il mio sogno è sempre stato quello di insegnare. E così mi sono licenziata, anche se non avevo certezze». «Immagino non sia stato facile». «Ho riflettuto bene, ma in realtà per me è stato facile. Ho chiaro cosa voglio fare e sono disposta a rischiare pur di ottenerlo. I miei genitori mi conoscono e mi hanno sostenuta. Gli amici sono rimasti più sorpresi. Al Sud c’è difficoltà a trovare lavoro. Vedere un’amica che lo ottiene e poi lo lascia suscita reazioni contrastanti». «Quindi è venuta per una supplenza di due mesi. Sa che probabilmente stare qui le costerà più di quanto guadagnerà?». «Sì, ma da qualche parte bisogna cominciare. Per me è un investimento. Ho puntato su Firenze e sto valutando di rimanere anche al termine della supplenza. Mi sembra un momento buono. Ci sarà il concorso. Proverò a studiare per superarlo». «Ha cominciato da qualche giorno. Come si trova?». «Bene. Le mie materie sarebbero le lingue straniere, non mi aspettavo di lavorare sul sostegno. Ma lo sto apprezzando. Stare con i ragazzi mi piace molto. Ho la conferma che è quello che voglio fare». Le presento la nostra scuola e mi permetto di darle alcuni consigli. La invito a prendersi un po’ di tempo per osservare da vicino il mondo della scuola. Ma anche per gettare il cuore oltre l’ostacolo. «Qui troverà una serie di opportunità. Ne approfitti, si faccia avanti. E, se ha idee o iniziative, le proponga. E’ importante sentirsi parte attiva della comunità scolastica». Quando la professoressa esce, mi sento sollevato. Rincuora trovare giovani che fanno ancora scelte coraggiose per inseguire i propri sogni. Qualche giorno fa a Bologna quattro trentenni sono riusciti a mobilitare dodicimila persone, il flashmob delle sardine lo hanno chiamato. Una volta chiedevamo la fantasia al potere. Ma quando poi al potere ci siamo andati, la fantasia ce la siamo scordata. Forse ci si può riprovare evitando gli errori del passato. Diamo ai giovani spazio e fiducia, ripartiamo dal loro coraggio e dalla loro creatività. Forse ci aiuteranno ad uscire dal grigiore in cui ci siamo cacciati.
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