L’opinione pubblica è preoccupata per il Coronavirus. Giustamente. Meno giustamente si sta diffondendo una psicosi, che produce intolleranza e isolamento nei confronti della popolazione cinese. Anche nella scuola aumentano i genitori e gli insegnanti in preda a stati d’ansia, che guardano con sospetto e diffidenza i ragazzi con tratti asiatici. Non si rileva particolare agitazione tra gli studenti, che si dimostrano più saggi e meno condizionabili degli adulti. In un Paese normale dovrebbero essere le autorità sanitarie a dettare legge su un caso come questo, indicandoci i comportamenti corretti da assumere. Invece ormai in tanti si ergono a esperti e si sentono autorizzati a chiedere tutela dal virus con iniziative estemporanee e senza alcun fondamento scientifico. Dovrebbe essere innanzitutto evidente a tutti che il problema non sono i cinesi, il problema è il virus. E il virus non guarda in faccia nessuno. Possono averlo persone di qualunque nazionalità. Come sappiamo, è stato individuato in Cina, quindi il rischio principale è connesso a persone che provengono da quel Paese. Ma dalla Cina può provenire chiunque. Un italiano che rientra da un viaggio in Cina è potenzialmente più “pericoloso” di un cinese sempre rimasto in Italia. Oltretutto il problema si è verificato nella regione di Wuhan e non coinvolge tutta la Cina, che è grande quasi quanto l’Europa. Eppure qualcuno sta criminalizzando tutti i cinesi. Come se, per un virus individuato in Finlandia, pensassimo che tutti gli Europei sono contagiosi. Evitiamo quindi le generalizzazioni, manteniamo la calma e cerchiamo di ascoltare gli esperti.
Diciamoci poi una verità scomoda. Il Coronavirus non è certo il rischio maggiore che corriamo. Se basassimo il nostro allarme sull’effettivo pericolo di vita, dovremmo ad esempio ricordarci di quanti morti avvengono per il consumo di alcool o per incidenti stradali. Continuare a bere e guidare in modo sconsiderato produce un rischio di morte infinitamente maggiore del Coronavirus. Invece di prendercela con i cinesi, dovremmo prendercela con noi stessi, diciamo. «Il virus della paura si diffonde con l’ignoranza», ha detto lo scrittore Carlo Lucarelli. Ecco perché occorre ripartire dalla scuola. Solo con la conoscenza si sconfigge la paura. Al Marco Polo oggi abbiamo un’iniziativa per il capodanno cinese. Qualcuno chiedeva di annullarla, ma l’abbiamo confermata. Per non alimentare i pregiudizi e per esprimere vicinanza ad una popolazione duramente colpita. In questo momento una nostra ex studentessa non può tornare in Italia dalla Cina per il blocco dei voli. Speriamo di poterla riabbracciare presto, come ha fatto il sindaco di Firenze Nardella con un imprenditore, in segno di solidarietà con la comunità cinese. È in questi momenti che è importante restare umani.
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