Abbiamo chiesto agli studenti di raccontarci una scena significativa vissuta a scuola. Ecco alcuni brani tratti dalle loro risposte.
«Era un giorno come la maggior parte degli altri a scuola, pieno di stress e ansia…»
«L’altro giorno sono stata interrogata, avevo molta ansia, più del solito però, non so nemmeno il motivo… non ho saputo rispondere alla prima domanda e da lì sono entrata in panico. Di conseguenza, pur avendo studiato tanto i giorni precedenti, non capivo più niente, confondevo tutte le frasi e definizioni. Sono rimasta in silenzio, ce l’avevo a morte con me stessa. Non sopporto quando mi succedono queste cose…»
«La mia vita di studente si racchiude nello stress e nell’ansia che la scuola mi provoca. Una volta, durante l’interrogazione di diritto, ero così agitata che, nonostante avessi studiato, feci scena muta perché entrai nel panico e stretti zitta tutto il tempo. Può sembrare una cosa stupida, ma rappresenta tutta la mia vita scolastica perché nella vita di tutti i giorni non mi succede, neanche quando recito.
Questo è il tipo di studente e di persona che sono, convivo con l’ansia ogni giorno e la sensazione di essere stupida e non abbastanza capace di fare niente».
Che le prove della vita, comprese interrogazioni e compiti a scuola, creino un po’ d’ansia, è un fatto normale. Anzi, è salutare perché ci mette addosso la giusta tensione che aiuta a mantenere la concentrazione. Ma quando l’ansia colpisce la gran parte degli studenti, quando in diversi soffrono di attacchi di panico, quando in tanti si bloccano di fronte a un esame, abbiamo un problema. Che può avere due ragioni di fondo. O noi adulti chiediamo ai ragazzi più di quanto loro possono dare o loro sono troppo fragili, hanno poche risorse cognitive ed emotive per affrontare le situazioni. In entrambi in casi la scuola ha il dovere di fare una riflessione perché siamo davvero di fronte a un’emergenza educativa. Anche se qualcuno la soluzione riesce a trovarla da solo.
«Ogni anno scolastico, ogni mese, ogni mattina dal lunedì al venerdì arrivo a scuola verso le 7.30, e mi metto sempre a quel palo della luce davanti all’entrata; è una scena che vivo e rivivo tutti i giorni, una mezz’ora d’attesa in cui non riesco nemmeno a distinguere i giorni della settimana da quanto è ripetitiva. Però allo stesso tempo è una scena tranquilla: rimango accanto a quel palo a fissare il nulla e ad aspettare… Ad aspettare che arrivi qualcuno che conosco, o anche uno sconosciuto, che mi chiede se ho un accendino; è il lasso di tempo più tranquillo di ogni giornata. Anzi, parto sempre presto da casa proprio per godermi la scena. C’è una pace indescrivibile, e intanto aspettare. Per me è una scena molto significativa, penso sia anche la mia parte preferita del giorno. Persino l’ansia che dovrei avere per un’interrogazione o per un compito se ne va».
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