Alessandro è un giovane supplente. I supplenti nella scuola non ci dovrebbero essere, salvo in caso di assenza degli insegnanti titolari. Invece ce ne sono molti. Questo accade perché il nostro Belpaese impiega diversi anni per svolgere un concorso e non riesce ad assumere con regolarità. La supplentite è una malattia grave. Danneggia intanto gli stessi supplenti, che cambiano scuola ogni anno e non possono fare progetti di vita perché nessuno fa loro credito, a cominciare dalle banche. E poi non garantisce continuità didattica agli studenti, condizione fondamentale per la loro istruzione.
Alessandro è un insegnante che crede nella scuola. Ogni tanto viene a trovarmi per parlare dei suoi studenti o per fare una proposta. Mi chiama sempre “signor preside” e mi fa venire in mente di quando mi trovavo a Parigi in Erasmus e chiamavo il mio insegnante di francese “Monsieur le professeur”. Solo che io ero un po’ ironico, mentre lui si esprime così per una antica forma di rispetto. «Mi scusi, signor Preside, le rubo solo due minuti», dice sempre. Naturalmente rimane di più, ma non importa. Mi racconta storie di ragazzi in difficoltà o chiede un parere su questioni procedurali. Poi fa molto altro. Qualche tempo fa è venuto a segnalarmi che il Comune stava realizzando delle piste ciclabili, ma il percorso non raggiungeva la scuola. «Bisognerebbe scrivere». Gli prometto di farlo, ma poi non mantengo la promessa. Si sa come sono fatti i presidi. Allora insiste, mi scrive il testo della lettera, mi indica i destinatari giusti. Forse avrei dovuto irritarmi, invece la cosa mi ha divertito e ho apprezzato la sua determinazione. Riguardiamo insieme la lettera. Che alla fine viene inviata.
Al termine delle lezioni, Alessandro ha preso un’altra delle sue iniziative, un questionario agli studenti sulla didattica a distanza. Naturalmente prima mi ha chiesto il permesso. «Mi scusi, signor Preside, posso?». «Certo, Alessandro, mi sembra una buona idea». Da qualche tempo ho preso a chiamare gli insegnanti per nome, per creare un rapporto più personale. Ma questa è un’altra storia. Dalla ricerca di Alessandro sono emerse indicazioni interessanti per tutti i docenti. Cito solo i commenti di due ragazzi. «Perché dare il triplo dei compiti? Non credo che questo abbia aiutato nessuno, se non ha tolto ancora di più la difficile voglia di studiare in questo periodo stressante». «Secondo me sarebbe opportuno creare un ambiente tranquillo durante le videolezioni per non far allontanare ancora di più le persone in difficoltà e cercare un dialogo con gli alunni, anche se significa perdere qualche minuto di lezione perchè a noi ragazzi interessa anche sapere come vanno le cose nel mondo oggi per imparare ad essere cittadini».
Non so dove insegnerà Alessandro il prossimo anno. Ma comunque lavorerà in una scuola. E questa è una buona notizia.
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