In questi giorni nel napoletano si è verificato l’ennesimo atto di bullismo tra adolescenti. Se ne è parlato molto sui giornali perché il padre della vittima lo ha denunciato mettendo su Facebook l’immagine del volto tumefatto del figlio tredicenne. Il post ha ricevuto subito migliaia di messaggi di sostegno da parte di persone furibonde per quello che era successo. Naturalmente il gesto di un padre addolorato va sempre rispettato. Ma non necessariamente condiviso. Sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del bullismo va bene, ma farlo esibendo la vittima lascia molto perplessi. Perché la denuncia degli aggressori non deve mettere a repentaglio l’equilibrio psicologico di chi ha subito una prepotenza. Siamo sicuri che la pubblicazione del volto di quel ragazzo lo aiuti ad affrontare la situazione in cui si è trovato? Non credo. Il rischio è che l’essere vittima divenga per lui un’etichetta di cui sarà difficile liberarsi perché la sua storia sarà oggetto di analisi morbose da parte di tutti. E uscirne sarà più complicato. I fatti dolorosi, specie quando riguardano i ragazzi, richiedono tempo, riservatezza e sensibilità. La rabbia e la fretta rischiano di aggiungere ferite a ferite. Anche quando agiamo a fin di bene.
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