«Buongiorno preside. Vorremmo presentare una lista di studenti che si candida al Consiglio di Istituto. Come dobbiamo fare?». Provo a dare loro qualche informazione sulle procedure. Poi aggiungo. «Naturalmente dovreste avere un programma, idee e proposte su come migliorare la scuola». Sembrano sorpresi. Poi mi dicono: «Ci ragioniamo, ma possiamo poi confrontarci con lei prima di presentarle?». Disorientato, provo a rispondere qualcosa. «Ragazzi, le idee devono essere le vostre. Dovreste discuterne innanzitutto con i vostri compagni e rappresentare il vostro punto di vista in modo autonomo. Comunque, se volete, sono disponibile a parlarne». «Grazie», mi dicono uscendo, sereni e sorridenti. La loro ingenuità è spiazzante. Criticabile, per chi rimpiange le generazioni politicizzate e battagliere di una volta. Ma a me alla fine fa tenerezza. E mi sembra un salvagente in un momento sociale e politico in cui molti tendono a vedere l’altro come nemico. Certo, noi dobbiamo aiutare i ragazzi ad essere più autonomi e consapevoli. Ma il loro spirito aperto è rivelatore delle nostre ideologie e delle nostre sovrastrutture. Ed è da lì che possiamo ripartire se vogliamo cominciare a liberarcene.
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