In questi giorni si è riparlato di cellulari in classe. E sono ripartite le solite discussioni tra presidi, insegnanti, genitori. Discussioni che troppo spesso si fanno solo tra adulti. Senza ascoltare i ragazzi, senza cercare di costruire su questo tema un discorso insieme a loro.
Uno studente una volta mi ha fatto una rivelazione. «Durante le verifiche alcuni prof ci chiedono di consegnare i cellulari. Io gli do la calcolatrice e loro non se ne accorgono». A quel punto è intervenuto un altro, che non voleva essere da meno. «Io invece quando ho compito mi porto tre cellulari. Uno rotto, uno buono e uno così così. Quando si comincia, consegno quello rotto e copio dal secondo. Se mi beccano e me lo ritirano, mi rimane il terzo».
Se giochiamo alla guerra dei cellulari, abbiamo già perso. Loro ne sanno più di noi, sono più svegli di noi. Semplicemente non ci conviene. E poi non siamo nelle condizioni di salire sul pulpito. Molti degli adulti che rimproverano i ragazzi stanno al telefonino almeno quanto loro. Diventa difficile, ad esempio, dire ai figli di staccarsene da parte dei tanti genitori che lo usano anche mentre guidano. Lasciamo perdere il proibizionismo e i regolamenti astrusi. Proviamo a giocare una partita diversa. Evitiamo di demonizzare il cellulare e riconosciamo che può essere uno strumento utile, altrimenti non lo avremmo tutti in tasca. La scuola scopra e valorizzi gli aspetti positivi in ambito didattico e rifletta piuttosto sul tempo di utilizzo, sulla dipendenza di adulti e ragazzi. Proviamo a fare esperienze senza cellulare. Per dirne una, potremmo andare in gita scolastica lasciando il cellulare a casa, così da sperimentare come stiamo senza e provare un nuovo modo di relazionarci.
Ma la questione vera è un’altra. Ed è scomoda. Se i ragazzi in classe guardano di nascosto il cellulare, significa certamente che c’è un legame morboso, ma forse anche che la scuola non è abbastanza interessante, che le nostre lezioni non riescono ad appassionare e coinvolgere. I ragazzi guardano il telefonino soprattutto perché si annoiano. Questa è l’amara verità.
Per questo comincerei a guardare la luna e non il dito. Smettiamola di credere che il problema della scuola sia cellulare. Il problema siamo noi. Cerchiamo di fare bene il nostro mestiere, di insegnanti e genitori. E forse i ragazzi staranno di più con noi e meno con il cellulare.
25 Settembre 2022 alle 6:34
Caro Dirigente, con le nostre lezioni possiamo provare ad essere quanto più possibile interessati ma non sempre. Dirò di più: una certa dose di noia, di ostico, di molto difficile, di poco ‘friendly’, come si dice ora, è ineliminabile da qualsiasi istituzione scolastica, ed è giusto così. Pensare, invece, che i docenti debbano essere sempre coinvolgenti, accattivanti e via di questo passo, fa parte dello spirito dei nostri tempi, fuorviante ed illusorio. Un docente appena pensiobato
25 Settembre 2022 alle 7:21
Gentile professore, in realtà sono abbastanza d’accordo con lei. Non sempre si riesce a essere interessanti e accettare una certa dose di noia, nella scuola e nella vita, fa parte del percorso di crescita. Il problema, a mio avviso, è che la dose di noia che in genere somministra la scuola va ben oltre la modica quantità. Fatte naturalmente le dovute eccezioni, i linguaggi e i contenuti della scuola sono troppo spesso vecchi e fuori dal tempo. Oggi si fa un gran parlare di nuove tecnologie, in parte giustamente, ma il rinnovamento della scuola passa per ben altro. Serve un diverso modo di intenderla e di proporla.
25 Settembre 2022 alle 8:04
Il telefono è il sintomo…sintomo di noia, di scarso coinvolgimento, e anche sintomo della nostra “evoluzione “…di cui bisogna tenere conto. Può anche rivelarsi utile : una mia alunna ripetente lo usa per fotografare le pagine del libro che ha ordinato, ci sono siti che permettono di fare sondaggi d’opinione in diretta e di osservare il risultato…per quanto riguarda la sorveglianza dei compiti, credo che niente valga il buon vecchio sistema della sorveglianza “in piedi e mobile “ : non esiste cellulare o orologio connesso che resista a un prof che passeggia per la classe invece di usare questo tempo per completare il registro, correggere compiti o programmare il lavoro con i compresenti (questo vale per me).