Entrano in presidenza un ragazzo e una ragazza di una classe prima. Inizia lui. «Volevo parlare di una professoressa». In modo disinvolto, tocca un tema delicato. «Capita che alcune volte venga ad abbracciarmi e io mi sento a disagio». «Ti abbraccia? E perché?». «Non lo so, penso perché magari mi vede un po’ giù. Ma mi sembra una cosa sbagliata». Interviene la ragazza. «Sì, lei tende a farlo. Per esempio, a volte si avvicina e accarezza i capelli di una nostra compagna. Forse per essere affettuosa. Ma non sa che a lei dà molto fastidio quando le toccano i capelli». Rimaniamo un po’ a parlare. Cerco di capire meglio il loro punto di vista, perché, ad esempio, riferiscono che lo stesso gesto fatto da altri non dà loro fastidio. Poi ci salutiamo, ripromettendoci di rifletterci ancora, ognuno per la propria parte.
Il tema della fisicità a scuola è delicato. Pochi adulti e ragazzi sono davvero a proprio agio con il corpo. Pochissimi lo sanno gestire nella relazione educativa. La comunicazione paraverbale e non verbale. Il tono della voce, gli sguardi, i gesti. La prossemica, l’uso dello spazio. Quando aumentare la distanza, quando ridurla. E come farlo. Una carezza o un abbraccio possono rappresentare segni di vicinanza importanti, specie in momenti difficili. Ma bisogna saperli agire. Ed essere sicuri che bambini e ragazzi percepiscano in modo corretto lo spirito con il quale agiamo.
Personalmente penso che nella scuola i contatti fisici dovrebbero essere rari, specie con gli adolescenti. E sarebbe bene che eventualmente l’iniziativa partisse da loro. Quando sono allegri o quando ne sentono il bisogno. In quel caso forse è giusto accettarli, anche se sempre con grande attenzione. Per tenere le cose sui binari giusti ed evitare equivoci.
Comunque, i segnali di accoglienza a scuola si possono dare in molti modi, anche senza contatto fisico. Ho incontrato una ragazza che sta attraversando un momento molto difficile. Le ho chiesto come stesse e se la scuola potesse fare qualcosa. Mi ha detto del suo rapporto con la madre, il padre e la sorella. E delle strade che ha davanti, delle scelte possibili. Le ho fatto i complimenti perché a scuola ha buoni risultati nonostante i suoi casini, come dice lei. Abbiamo parlato rimanendo sempre a mezzo metro di distanza. Eppure, a me è sembrato che le nostre anime fossero molto vicine. Forse abbracciate. Perché non è necessario toccarsi fisicamente per sentire che non siamo soli nel mondo.
Lascia un commento