Si riunisce un consiglio di classe per valutare eventuali provvedimenti disciplinari nei confronti di alcuni studenti. Senza volerlo, il clima comunque appare quello di un tribunale scolastico. Entra il primo “imputato”, con la madre. Gli insegnanti contestano i fatti: molti ritardi, comportamenti scorretti verso compagni e professori, continue azioni di disturbo. Non si tratta di atti gravissimi, piuttosto di atteggiamenti infantili, ma ripetuti e pesanti. Lo studente si difende come può, ma sostanzialmente ammette le sue responsabilità. Poi interviene la madre. «Vengo da un Paese straniero. Sono sola e lavoro tutto il giorno. Io non ho insegnato a mio figlio a comportarsi così. Gli ho sempre detto che deve rispettare le regole e gli insegnanti. Le cose che raccontate mi amareggiano». Con grande compostezza, prova a trattenere le lacrime, senza riuscirci. Ci emoziona, proviamo a esprimerle vicinanza e a far capire al ragazzo le responsabilità che ha nei confronti di tutti, innanzitutto verso sua madre. Facciamo entrare la seconda famiglia. Lo studente però non c’è. E’ venuto solo il padre. Gli riepiloghiamo la situazione. Poi chiediamo il suo punto di vista e anche la ragione per cui il figlio non si è presentato. «Mio figlio non è voluto venire. In realtà non so dov’è in questo momento, forse da un amico. Con me non parla e si confida poco anche con sua madre. Non sappiamo cosa pensa, cosa fa, dove va. E non sappiamo come comportarci». Gli facciamo notare il rischio che finisca in brutti giri e che in qualche modo devono intervenire. «Quest’estate dopo la bocciatura, gli abbiamo tolto il cellulare, ma non è servito a nulla. Anzi, da quel momento i suoi comportamenti sono peggiorati. Io sono al lavoro tutto il giorno, non lo posso seguire». Due storie, due famiglie in difficoltà. Sono sempre più frequenti casi di comportamenti problematici da parte di ragazzi poco seguiti dai genitori. Una verità nota e per certi versi scontata, ma che a volte dimentichiamo. Troppo spesso siamo presi dal lavoro e lasciamo i figli soli, abbandonati a loro stessi. Salvo poi scoprire che ne abbiamo perso il controllo. In alcune situazioni di particolare disagio, forse i genitori non hanno scelta. Ma molte altre volte questo non è vero. Potremmo comportarci diversamente. Dovremmo tutti ricordarci che non basta andare al lavoro e “portare il pane a casa” per essere buoni genitori. E’ indispensabile anche passare del tempo con i nostri figli, guardarli negli occhi, sapere come stanno. E anche dargli dei confini. I ragazzi senza confini non sono liberi, come qualcuno crede. Sono soli, disorientati e rischiano il delirio di onnipotenza. Per questo serve che, mentre crescono, noi siamo lì accanto a loro. Con discrezione e, se necessario, con decisione. Altrimenti un giorno potremmo scoprire di avere un estraneo in casa.
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