Durante le recenti vacanze di Natale mi è capitato due volte, in situazioni diverse, di assistere in sale convegni a proiezioni di film rivolte a un pubblico di persone interessate. In entrambi i casi alcuni dei presenti hanno seguito con attenzione. Altri non lo hanno fatto. C’è stato chi è arrivato in ritardo, chi è andato via prima della fine della proiezione, chi ha alternato la visione del film con l’invio di messaggi whatsapp e la consultazione di pagine social. Infine qualcuno ha ricevuto telefonate, ha risposto, è uscito dalla sala ed è rientrato dopo alcuni minuti. Non parliamo di casi isolati. Circa metà delle persone presenti ha tenuto questi comportamenti. E ci troviamo in cosiddetti “contesti acculturati”, frequentati generalmente da laureati o da chi ha livelli di istruzione elevati. Sono scene che fanno riflettere, soprattutto noi adulti propensi a credere che il problema dell’uso scorretto dei cellulari riguardi solo i ragazzi. Cosa sta succedendo?
La prima sensazione è che il cellulare stia creando una maleducazione diffusa. Non riusciamo più a essere adeguati al contesto in cui ci troviamo. Nei casi che ho riferito quelle persone, che pure nessuno ha costretto a trovarsi dove si trovavano, non hanno dimostrato rispetto per il film, che evidentemente ha un suo filo da seguire e richiede agli spettatori ascolto attento, concentrazione, silenzio. Il rapporto che abbiamo con il telefonino assume ormai sempre più i contorni della dipendenza. Non riusciamo a staccarcene, a stare nemmeno un’ora senza connetterci per vedere se qualcuno ci ha cercato, ci ha chiamato, ci ha inviato un messaggio o almeno ha messo un like ai nostri post. In tanti hanno dato spiegazioni di tutto questo. La soluzione, nella società come nella scuola, non può essere quella del proibizionismo, che ha sempre prodotto effetti contrari a quelli auspicati, ma quella della regolamentazione. Dovremmo intanto riflettere seriamente su quanto e come utilizziamo i telefonini. E forse cominciare a pensare anche per il telefonino all’idea della modica quantità. Poi servirebbero regole minime di buona educazione. A partire da noi adulti. Salvo situazioni di reale emergenza, potremmo ad esempio smetterla di fare riunioni con il cellulare sul tavolo o di allontanarci nel mezzo di una discussione per telefonare. Anche a teatro, prima di uno spettacolo, ormai si è costretti a ricordare di “spegnere i telefonini” e nonostante questo qualcuno li tiene accesi. Facciamo come con il fumo, prevediamo tempi e spazi “cellulare free”. Il telefonino è uno strumento utilissimo in molte occasioni e non va demonizzato. Ma dimostriamo, innanzitutto a noi stessi, che sappiamo vivere anche senza, che riusciamo ancora a parlarci ed ascoltarci guardandoci negli occhi. Perché le prime persone a cui dovremmo rimanere connessi sono quelle che abbiamo davanti.
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