Nei giorni scorsi ho partecipato a un evento organizzato da Unicoop Firenze che ha coinvolto molti studenti e insegnanti. Tra le altre cose, ci siamo interrogati sul valore dell’ascolto a scuola nella costruzione di una comunità. Ma a scuola ci si ascolta davvero? La risposta vera è no, non abbastanza. Molte scuole sono ancora basate su un modello autoritario. Il preside decide senza ascoltare, gli insegnanti spiegano senza ascoltare e i ragazzi stanno zitti. «Parlate quando ve lo dico io» è il motto che, nei fatti, continua a imperare. I protagonisti della scuola sono gli adulti, che “hanno il coltello dalla parte del manico”, come ripetono spesso gli studenti. I ragazzi non hanno parola. E, purtroppo, non riescono nemmeno a prendersela.
Quando ho iniziato a fare il preside e convocavo gli studenti, mi sentivo ripetere: «Cosa ho combinato?». E la stessa reazione la avevano gli insegnanti. La sensazione chiara era quella di essere dentro relazioni di potere, nelle quali chi è superiore ha il solo compito di punire, di bacchettare. Come se non fossimo tutti dalla stessa parte per cercare di favorire la crescita dei ragazzi, ma su sponde contrapposte. Come dei nemici, gli uni contro gli altri. Può sembrare una rappresentazione esagerata, ma purtroppo, per chi conosce la scuola, non lo è.
D’altra parte, basterebbe chiedere a insegnanti e studenti come stanno. E ascoltare con onestà le loro risposte. Sentiremmo insegnanti dire che sono stanchi, stressati, che hanno perso la passione per il loro lavoro. Sommersi dalla burocrazia, repressi da un sistema che impedisce loro di fare quello che vogliono, di essere come vogliono. E allo stesso modo si racconterebbero gli studenti. Annoiati, demotivati e, anche loro, stressati, dentro scuole che percepiscono tristi e grigie. Luoghi nei quali, sia gli uni che gli altri, non si riconoscono, ai quali non sentono di appartenere. Perché non sono su misura degli studenti e degli insegnanti che li abitano.
Per questo servirebbero atti forti e coraggiosi. Dovremmo “riprenderci” le scuole. Proviamo a costruire ambienti dove ci troviamo a nostro agio, a scegliere contenuti che ci interessano, a realizzare esperienze che ci appassionano. Solo così, ascoltandoci davvero e mettendo insieme le intelligenze e le sensibilità di tutti, adulti e ragazzi, la scuola può sperare di ritrovare la sua ragione d’essere.
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