Sono ripartite le occupazioni nelle scuole. E le solite discussioni. «Le occupazioni sono illegali, i carabinieri dovrebbero sgomberarle subito e denunciare tutti». «L’occupazione è un’esperienza importante. Si impara a confrontarsi e a far valere i propri diritti». «Gli studenti non sanno nemmeno perché occupano. Cercano solo pretesti per non andare a scuola». «La scuola in Italia è allo sfascio. Ci sono mille motivi per occupare». «Durante le occupazioni si distruggono le scuole. Poi chi paga i danni?». «Oggi gli occupanti lasciano le cose come le trovano, anzi spesso meglio». «L’occupazione è l’atto antidemocratico di una minoranza, che decide senza consultare nessuno». «Sono le minoranze che cambiano la storia. Poi chi vuole fare lezione in genere può farla».
Qualche anno fa vennero da me i rappresentanti degli studenti. «Preside vorremmo occupare, che ne pensa?». Di fronte a quella richiesta in realtà pensavo che avevamo sbagliato qualcosa. Ma dissi: «Credo che in questa scuola possiate dire la vostra in altre forme. Ma, se volete occupare, non mi dovete chiedere il permesso. Lo fate, portate avanti la vostra azione e ve ne assumete le conseguenze». Non occuparono.
In questi giorni sono venuti altri ragazzi. «Preside, hanno aperto una pagina Instagram dove si parla di occupare il Marco Polo, non sappiamo cosa fare domani». «Ma chi l’ha aperta e perché?». «Non si sa, non c’è scritto». «Ragazzi, mi permetto di dirvi solo una cosa. Se volete occupare, fatelo perché lo ritenete giusto, non perché lo dice uno che nemmeno sapete chi è. Ragionate con la vostra testa e fate le vostre scelte in autonomia».
Sono convinto che il punto di fondo non sia l’occupazione, ma la consapevolezza. Il nostro lavoro non è di dire ai ragazzi cosa devono fare, ma di aiutarli a cercare gli strumenti per farsi un loro punto di vista, trovare le forme migliori per esprimerlo e prendersi la responsabilità delle proprie azioni. In sostanza, dovremmo creare le condizioni perché diventino altro da noi.
Le occupazioni trovano una ragion d’essere soprattutto di fronte a istituzioni sorde (che non sono poche). Poi c’è chi pensa che l’antagonismo sia un valore in sé, a prescindere. Non è la mia posizione. Credo in una scuola da costruire tutti insieme, preside, studenti, insegnanti, personale Ata, genitori, dove sia possibile agire il conflitto senza necessariamente mandarsi “affanculo”.
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