Venerdì scorso il professor Giorgio Ragazzini ha replicato a un mio intervento di qualche giorno prima. Finalmente, mi verrebbe da dire. Finalmente cominciamo a discutere di scuola e società, confrontandoci in modo civile e accettando che possano convivere legittimamente punti di vista diversi. Devo anche un pubblico ringraziamento a Repubblica Firenze ed al suo direttore Sandro Bertuccelli per avere avuto il coraggio di investire sulla scuola, dedicandole una rubrica settimanale e dando spazio al confronto di idee. Ma veniamo al merito delle questioni sollevate. Il professor Ragazzini, a partire dal tema delle occupazioni, critica gli adulti che “mancano di fermezza”, manifestano “pelosa indulgenza”, “tollerano comportamenti illegali” e sono “eccessivamente protettivi”. E’ un tema oggi molto presente nel dibattito culturale. Spesso si è parlato in questi anni di eccessiva libertà dei ragazzi, di adulti eterni adolescenti e della scomparsa del Padre. Tutto vero, ma c’è una domanda chiave a cui dobbiamo rispondere. Qual è il Padre che stiamo cercando? Tutti naturalmente riteniamo che le regole siano necessarie al vivere civile e vadano rispettate. A cominciare dalla scuola. Ma quando i ragazzi, nella dialettica con gli adulti, cercano di esprimere le loro idee violando le regole, non sono convinto che il Padre ritrovi l’autorità perduta utilizzando il pugno duro. Nemmeno quando i ragazzi scelgono forme sbagliate ed eccessive. Temo che invece quel Padre confermi la debolezza di chi sta riproponendo simbolicamente l’antica figura del Padre-Padrone, che pretende obbedienza assoluta alla propria Legge. Il Padre può oggi recuperare autorevolezza se accetta di farsi carico di quello che succede, se si mette in gioco. Di fronte ai ragazzi, anche quando sbagliano, non può semplicemente preoccuparsi di ripristinare l’ordine costituito. Può certamente sanzionarli e in alcuni casi deve farlo. Ma è suo dovere confrontarsi con quello che dicono e con quello che fanno, ascoltarli e relazionarsi con loro. Perché quei comportamenti parlano anche di noi e quei ragazzi non sono “altro” dagli adulti, non sono venuti da Marte. Sono i nostri figli, li abbiamo creati noi. Per questo, salvo in casi estremi, liquidare le occupazioni con lo sgombero o con pene esemplari è comodo e sbagliato. La scuola non è una caserma, il nostro compito non è quello di mettere ordine, ma di coltivare libertà e passione. Certamente anche dare un limite, perché senza limite la libertà diventa prevaricazione e la passione solo piacere vuoto. Ma l’educazione al limite ed alla responsabilità può avvenire solo se il Padre garantisce la Libertà. E’ la sfida della democrazia moderna. Alcune vignette in questi giorni lo raccontano bene: una Donna-Libertà dapprima tiene al guinzaglio un piccolo Mostro-Sicurezza, ma poi il mostro cresce a dismisura e finisce per divorare la Libertà. Personalmente non vorrei vivere in una società che pregiudica la libertà di espressione per garantire ordine e sicurezza. Ma il rischio oggi è forte e credo che dovremmo tutti adoperarci per evitarlo. Per questo non ci serve un Padre che impone la sua Legge, ci serve un Padre che abbia l’umiltà ed il coraggio di costruirla insieme ai suoi Figli.
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