Si è parlato molto della vicenda di Francesco Occhiuto, il figlio trentenne del senatore Mario, che si è suicidato lasciandosi cadere dall’ottavo piano della sua abitazione di Cosenza. Con Mario ho vissuto alcuni anni insieme a Firenze, quando eravamo studenti universitari, e ne conosco la profonda sensibilità. Tra le altre cose, hanno fatto riflettere un suo post su Facebook e una sua intervista. Ne riporto qualche passo.

“Francesco combatteva in silenzio una battaglia interiore, contro quei pensieri distorsivi che lo assalivano. E in questo era bravissimo: riusciva a non far trapelare nulla all’esterno. Con me, però, ogni tanto si lasciava andare un po’ di più. Si confidava, e insieme abbiamo provato a trovare un modo per alleggerire quel peso. Con l’aiuto di qualche specialista abbiamo cercato di migliorare le cose, e per un po’ sembrava quasi che ci fossimo riusciti….Pensavo di poterlo proteggere, pensavo che ce l’avremmo fatta. E invece no…. Pensiamo sempre che l’amore di una famiglia basti. Ma la verità è che, a volte, non è sufficiente. L’affetto, la vicinanza, il supporto sono fondamentali. Ma chi soffre di una fragilità mentale ha bisogno di molto di più: di sistemi strutturati, di reti di sostegno, di cure che non si attivino solo nell’emergenza. Oggi la salute mentale è ancora considerata un tema marginale… Lottate per i vostri figli, ma non fatelo da soli”.

Parole che interrogano. Incontriamo molti bambini e ragazzi con sofferenza psicologiche più o meno gravi. E i casi di suicidio purtroppo non sono così rari. Cosa fare? Intanto sviluppare una sensibilità che ci consenta di vedere quando i nostri studenti stanno male. Poi fare rete perché nessuno si salva da solo. Ma può non bastare. A volte il malessere è troppo profondo e inaccessibile. Ognuno già non riesce a fare i conti con le proprie fragilità, figuriamoci con quelle degli altri. Ma forse questa può essere una strada. Invece di esibire le nostre presunte certezze, proviamo a far incontrare le nostre fragilità. Chissà che l’empatia qualche volta non possa attenuare il dolore.