«Preside, vorrei parlarle». «Si accomodi». «Sono in difficoltà con mia figlia. Aveva iniziato bene l’anno, poi però ha preso brutti voti e adesso non vuole più venire a scuola». È emozionata e non riesce a trattenere le lacrime. «Mi scusi». «Si figuri. Ma secondo lei qual è il problema?». «Non so, in realtà non credo sia la scuola. Mia figlia è in forte conflitto con noi genitori. Ieri a un certo punto è scomparsa, poi ho scoperto che era andata da un’amica ed è rimasta lì a dormire. Mi sembra che il suo atteggiamento negativo con la scuola sia un po’ una provocazione nei nostri confronti». «Ma sono successi fatti specifici?». «Non mi pare. È sempre stata un po’ ribelle, ma non ha mai dato particolari problemi e a scuola se l’è sempre cavata. Ora è arrabbiata con noi, in particolare con il padre. Ed è divenuta maggiormente insofferente alle regole». «Della scuola cosa dice?». «In realtà si trova bene. Qui alle superiori è stata anche eletta rappresentante di classe. Come le ho detto, non credo che il problema sia la scuola». «Avete provato a consultare uno psicologo, anche qui a scuola?». «No, mia figlia non ci pensa nemmeno». «Però potreste farlo voi». La signora si dichiara disponibile e fissiamo subito un appuntamento per i giorni successivi. «Comunque, da quello che mi racconta, la situazione non mi sembra grave. Alti e bassi sono normali negli adolescenti. Quando rientra a scuola, se lei è d’accordo, proverei a parlarle. Le posso dire che è venuta qui da me?». «Sì, certo». «Credo sia importante ascoltare il punto di vista della ragazza e farle sapere che cerchiamo tutti di prenderci cura di lei». Il giorno dopo rientra a scuola. La mando a chiamare. «Tua madre è venuta a parlare con me, è un po’ preoccupata. Hai voglia di dirmi cosa succede?». «Avevo dei problemi con i miei genitori. Ieri sera però abbiamo parlato a lungo e ci siamo chiariti». «Bene, mi fa molto piacere. E con la scuola? Vedo che hai qualche insufficienza e un po’ di assenze». «Sì, ma ora mi metto sotto e cerco di rimediare». Il giorno dopo incrocio casualmente mamma e figlia a scuola, che mi salutano sorridenti. Mentre le guardo, mi viene in mente un episodio di qualche tempo fa. Un genitore mi raccontò che suo figlio si era incupito, stava chiuso in casa e prendeva voti bassi. Dopo averci un po’ riflettuto, capì di essere stato molto assente per lavoro e che forse il ragazzo, con cui c’era un forte legame, aveva sofferto di questo. «Allora sono andato nella sua camera, ho chiuso la porta e gli ho chiesto scusa. Gli ho promesso che sarei stato più presente e che avremmo ricominciato a fare delle cose insieme». Non ci crederà, ma dopo pochi giorni è rifiorito. E’ tornato di buonumore e ha ricominciato ad andare bene a scuola. Può bastare poco per sbloccare i nostri ragazzi e farli ripartire. Ma servono gesti nuovi da parte di noi adulti».
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