Il 2022 arriva e ci trova ancora in piena pandemia. Le scuole riaprono e dobbiamo gestire una situazione che si è fatta di nuovo difficile. Particolarmente difficile in un Paese che ha visto trasformarsi 60 milioni di allenatori di calcio in 60 milioni di virologi. La vicenda del Covid è nuova e complessa per tutti, scienziati e politici compresi. Ma allora, se è così, tutti dovremmo abbassare i toni, abbandonando atteggiamenti di sicumera ed evitando di utilizzare le proprie certezze come clave su chi la pensa diversamente. Perché in questi mesi tutti abbiamo sbagliato analisi e previsioni, compresi quelli che studiano e quelli che prendono decisioni. E sarebbe anche il caso che qualcuno chiedesse scusa. Ma questo forse è pretendere troppo. Si potrebbe però almeno cominciare a utilizzare la fomula del dubbio, quando si parla, una buona norma per chiunque, ma soprattutto per le persone di scienza e per i politici.
In questa situazione, la scuola deve svolgere il proprio lavoro e forse può ripartire proprio da qui. Educando seriamente a dubitare. Perché, a giudicare da quanto si vede negli adulti di oggi, finora non lo ha fatto benissimo. Se però la scuola vuole insegnare davvero il dubbio e lo spirito critico, dovrebbe prima dubitare di sé. Si tratta di una regola elementare, ma poco rispettata. Per insegnare qualcosa, bisognerebbe innanzitutto praticarla. Dubitare di sé vuol dire interrogarsi, mettersi in discussione, verificare le proprie certezze. Senza pregiudizi, dovremmo domandarci se quello che stiamo facendo ha un senso, se è efficace, se siamo davvero dei buoni educatori. Prima delle vacanze di Natale gli studenti del Marco Polo ci hanno sollecitato, attaccando sui muri della scuola post-it con frasi come queste. “Non credere a tutto ciò che pensi”. “Il mondo cambia con il tuo esempio, non con la tua opinione”. “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. “La scuola uccide gli artisti”.
Inizia un nuovo anno. Per far sì che sia anche un anno nuovo, abbiamo bisogno di cambiamenti. Ma i cambiamenti si alimentano con i dubbi, non con le certezze. Nella sperimentazione continua, nella scoperta che “la via si fa andando” sta il senso profondo del fare scuola e del fare scienza. Lo sapevamo già, ma, se lo avessimo dimenticato, la vicenda del Covid ce lo sta ricordando tutti i giorni.
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