La scuola è uno straordinario palcoscenico con tutte le sue maschere: il preside, l’insegnante, il custode, lo studente, il genitore. Ma non siamo solo personaggi. Non lo siamo mai, ma soprattutto a scuola. Dove circolano emozioni forti, che poi diventano ricordi che spesso dureranno tutta una vita.
“Preside, devo dirle una cosa.” “Dimmi.” “Aspetto un bambino.” “E come ti senti?” “Sono felice, ma ho paura e non so che fare.” “I tuoi genitori lo sanno?” “No.” “Quanti anni hai?” “Sedici.”
“Ad una ragazza di quarta è morto il babbo improvvisamente la settimana scorsa. E’ tornata a scuola, ma si è chiusa in sé stessa e non parla con nessuno”.
“Una collega ha avuto una brutta notizia, ha scoperto di avere un tumore. E’ molto preoccupata, però vuole continuare a lavorare. Dice che la aiuta venire a scuola e stare con gli studenti.”
“Preside, in questo periodo non riesco proprio a concentrarmi per studiare. Ho incontrato un ragazzo e mi sono innamorata. Come devo fare?”
Storie di gioie e di drammi che attraversano la scuola e che spesso ci sfuggono, presi come siamo dai nostri “balli in maschera”, dai rituali delle circolari, delle spiegazioni, delle interrogazioni, dei voti. Ma non possiamo permettercelo.
Abbiamo bisogno di andare oltre il gioco dei ruoli e di riconoscerci come persone. La scuola è una comunità che non può prescindere da questo, altrimenti diventa uno dei tanti sistemi burocratici. Occorre avere il coraggio di creare un contesto autentico, dove le emozioni possano essere espresse liberamente ed abbiano lo stesso rispetto delle conoscenze. Un luogo in cui tutti proviamo a prenderci cura gli uni degli altri. Perché, semplicemente, non può esistere educazione se non c’è relazione.
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