Si ricomincia. Le scuole si ripopolano di insegnanti e personale amministrativo, in attesa che rientrino anche gli studenti. Ma dopo l’introduzione della riforma, con le tante polemiche che l’hanno accompagnata, la scuola riparte davvero?
Le novità ci saranno, alcune senza dubbio positive, a cominciare dal fatto che avremo un organico di docenti più ampio, con il quale potremo fare cose che prima non sarebbero state possibili. La sensazione forte è però quella di trovarsi di fronte alla solita situazione di confusione e precarietà di tutti gli anni. Il primo settembre sono arrivati a scuola docenti che presto cambieranno sede perché il Ministero ha fatto molti errori e poi non ha completato in tempo le procedure per i trasferimenti, per cui quei docenti nelle prossime settimane si avvicineranno alla loro provincia di residenza. I concorsi per i nuovi insegnanti sono ancora in corso di svolgimento e quindi i vincitori entreranno in servizio ad anno scolastico iniziato. Il risultato di tutto questo è che il primo giorno di scuola i ragazzi si troveranno senza alcuni docenti e con altri che andranno via. I supplenti poi continueranno ad esistere. Con un paradosso. Alcuni di loro sono stati bocciati ai recenti concorsi, quindi giudicati non idonei all’insegnamento. Ma insegneranno lo stesso. Le questioni aperte non sono però solo queste. Più di cento scuole toscane sono senza dirigente e sono state date a “reggenza”, cioè le dirigerà un preside che ha già un’altra scuola, con le inevitabili inefficienze che si possono immaginare. E poi c’è la storia dei 500 euro per la formazione dei docenti, che si dovevano spendere entro il 31 agosto. Tutti aspettavano chiarimenti sulle procedure di rendicontazione, che sono però arrivati solo il 29 agosto. A quel punto la grande maggioranza degli insegnanti con quei 500 euro si era comprata un computer per essere sicura di avere una fattura intestata a proprio nome, l’unico documento che dava la certezza di avere riconosciuta quella spesa. Con tanti saluti ad una formazione vera degli insegnanti. Che adesso, sulla carta, sarebbe obbligatoria. La chiamata diretta dei docenti, che pure avrebbe aspetti positivi, è stata fatta in fretta e furia intorno a Ferragosto. I presidi hanno cercato di utilizzare il buon senso, ma qualcuno ha anche adottato modalità estemporanee, come testimoniano i mille racconti circolati sui media. E comunque tutti, quelli a favore e quelli contro la chiamata diretta, concordano sul fatto che quella procedura avrebbe richiesto tempi più distesi, maggiori approfondimenti ed una più ampia condivisione.
L’impressione è che da parte del Governo ci sia una reale volontà di rinnovamento della scuola, ma serve un approccio diverso e meno approssimazione. Non può succedere ancora che il primo giorno di scuola molti insegnanti non sappiano dove andare, le scuole non conoscano il personale che hanno a disposizione e gli studenti non abbiano tutti gli insegnanti in classe. Se non si garantisce il normale funzionamento della scuola, il rinnovamento rischia di rimanere scritto sull’acqua. La questione vera è questa, non certo quella, francamente stucchevole, della deportazione degli insegnanti, di cui si è tanto parlato. Solo in Italia circola la pretesa di trovare il lavoro sotto casa. E’ chiaro che in un Paese ideale tutti vorremmo avere il lavoro che ci piace dove ci piace. Ma forse sarebbe già tanto garantire che tutti il lavoro ce l’abbiano e ridurre i disagi per chi deve trasferirsi. Per questo, se vogliamo che la scuola cambi davvero, potremmo evitare le strumentalizzazioni pro o contro il Governo e guardare in faccia la realtà delle cose. Chiedendo al Governo di avere maggiore rispetto per il mondo della scuola e cercando, ognuno per la propria parte, di dare il nostro contributo per una scuola migliore. Buon anno scolastico a tutti.
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